Oggi, il Gruppo Giovani di Arcigay e Arcilesbica “Le maree” ospita presso la sede Arcigay Napoli in vico San Geronimo 17, alcuni rappresentanti dell’associazione A.GE.D.O acronimo per “associazione genitori e parenti di omosessuali”.
Il coming out è un momento quasi catartico nella vita di un ragazzo o una ragazza omosessuale o transessuale, ma siamo spesso così concentrati sul diritto che abbiamo di essere noi stessi e di essere felici che spesso dimentichiamo delle persone che ci vogliono bene e che da sempre si operano perché quella vita felice che desideriamo si realizzi. Un aiuto per poter capire cosa succede sull’altra faccia della medaglia del coming out, conferito mediante la possibilità di conoscere quali paure o dubbi nascono nel momento in cui viene svelata e rivelata la propria identità nelle persone che ci amano e a loro modo fanno sentire il loro affetto.
Una risposta concreta, attiva, tangibile verso l’accettazione della diversità, volta a scardinare le brutture radicate nella società contemporanea dall’omofobia.
1 gay su 4 è vittima di violenza, 20.000 richieste d’aiuto da parte di ragazze e ragazzi omosessuali, il 45% dei giovani italiani è xenofobo e/o diffida degli stranieri, l’Italia è tra i Paesi con il più alto tasso di discriminazione in Europa per le politiche dei diritti LGBT. Questi i dati emersi attraverso il progetto curato ed ideato da Vox- Osservatorio italiano sui diritti (organizzazione no profit che si occupa di cultura del diritto).
Mappare i tweet degli italiani per scovare le tracce di razzismo e omofobia, per poi consegnare le mappe alle amministrazioni locali affinché possano agire concretamente sul territorio: questo il principio e lo scopo che hanno dato forma alla “prima Mappa dell’Intolleranza in Italia”.
Avvalendosi di uno strumento che, proprio attraverso Twitter, ha geolocalizzato le zone dove razzismo, odio verso le donne, omofobia e discriminazione verso i diversamente abili sono maggiormente diffusi è stato possibile tracciare una mappa disegnata mediante i tweet degli italiani, contenenti parole sensibili.
Un progetto realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Informatica dell’Università degli studi di Bari Aldo Moro, il Dipartimento di Diritto pubblico, internazionale, processuale dell’Università Statale di Milano e la Facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università La Sapienza di Roma, con la supervisione di Vittorio Lingiardi, docente di Psicologia Dinamica e che pone al centro dell’attenzione il tema dell’intolleranza in Itala e della correlazione tra l’uso di un certo linguaggio e l’insorgere di episodi violenti.
In questo scenario, i social network giocano un ruolo cruciale nell’alimentare sentimenti e parole di intolleranza e di odio verso il prossimo.
Per questo Vox ha deciso di dar vita alla Mappa dell’Intolleranza per poi consegnarla alle amministrazioni locali che potranno agire concretamente con progetti mirati sul territorio.
Ispirata da esempi stranieri, con un vasto expertise alle spalle, come la Hate Map della americana Humboldt State University, la Mappa dell’Intolleranza italiana ha comportato un vasto lavoro di ricerca e di analisi dei dati, con il supporto e il coinvolgimento di ben tre dipartimenti di tre diverse università, tra i più prestigiosi nel nostro Paese.
La prima fase del lavoro ha riguardato l’identificazione dei diritti, il mancato rispetto dei quali incide pesantemente sul tessuto connettivo sociale: questa fase è stata seguita dal dipartimento di Diritto Pubblico italiano e sovranazionale dell’Università degli Studi di Milano; la seconda fase si è concentrata sull’elaborazione di una serie di parole “sensibili”, correlate con l’emozione che si vuole analizzare e la loro contestualizzazione: questo lavoro è stato svolto dai ricercatori del dipartimento di Psicologia dinamica e clinica della Facoltà di Medicina e Psicologia, Sapienza Università di Roma, specializzati nello studio dell’identità di genere e nell’indagare i sentimenti collettivi che si esprimono in rete. Nella terza fase si è svolta la mappatura vera e propria dei tweet, grazie a un software progettato dal Dipartimento di Informatica dell’Università di Bari, una piattaforma di Big Data Analytics, che utilizza algoritmi di intelligenza artificiale per comprendere la semantica del testo e individuare ed estrarre i contenuti richiesti.
Infine, i dati raccolti sono stati analizzati statisticamente ed elaborati da un punto di vista psico-sociale dal team della Sapienza, dando vita alla Mappa dell’Intolleranza.
La geolocalizzazione è la vera novità di questo progetto, perché consente di evidenziare le zone maggiormente a rischio di intolleranza e odio, resa possibile grazie all’ausilio di Open StreetMap, ha consentito di estrarre dalla massa dei tweet, solo quelli che presentavano le coordinate geografiche, elemento che Twitter consente di indicare. Per ciascun gruppo esaminato, sono poi state messe a punto delle mappe termografiche, in grado di evidenziare diffusione e concentrazione del fenomeno. Quanto più “caldo”, cioè vicino al rosso, è il colore della mappa termografica rilevata, tanto più alto è il livello di intolleranza rispetto a una particolare dimensione in quella zona.
Più di un anno di lavoro, otto mesi di monitoraggio su Twitter, quasi 2 milioni di tweet estratti e studiati. Sono nate così le 5 mappe che mostrano il livello d’intolleranza nei confronti di donne, omosessuali, immigrati, diversamente abili ed ebrei, sul web. I risultati sono inquietanti, e specchio di un’Italia intollerante verso le minoranze e le diversità.
Due, gli elementi emersi in modo più rilevante. Il primo: complessivamente, la distribuzione dell’intolleranza, considerati i 5 gruppi, è polarizzata soprattutto al Nord e al Sud, poco riscontro invece nelle zone del centro come Toscana, Umbria, Emilia- Romagna. Una situazione, che si capovolge per quanto riguarda l’antisemitismo, fenomeno in evidenza soprattutto nel Lazio e nel centro Italia. Un picco significativo si evince, infatti, in Abruzzo, nell’area tra L’Aquila, Chieti, Pescara e Teramo. Presente anche in alcune zone del Nord e del Sud Italia.
Il secondo dato assai preoccupante riguarda la misoginia, sulla quale si concentra la maggiore proliferazione di tweet intolleranti. Il numero di tweet contro le donne, infatti, in 8 mesi è arrivato a 1.102.494, con 28.886 tweet geolocalizzati.
Data la correlazione sempre più significativa tra il ricorso a un certo tipo di linguaggio e la presenza di episodi di violenza, ha imposto di esaminare il modo in cui i social media sono diventati anche un veicolo di incitamento all’intolleranza e all’odio e il modo in cui specifici termini utilizzati per insultare gruppi minoritari si distribuiscono geograficamente. Soltanto 140 caratteri disponibili in un tweet consentono a un atteggiamento individuale di diffondersi ed essere condiviso da un infinito numero di utenti, spesso “garantito” dall’anonimato della rete. L’effetto, tuttavia, è anche quello di un’elisione di forme di pensiero più articolate e di un’estremizzazione del messaggio più frequentemente verso un polo negativo.
La scelta di ricorrere a Twitter, nonostante non sia il social network più utilizzato, è dovuta alla possibilità che lo strumento offre nell’avere libero accesso a tutti i contenuti postati, ovviando al fatto che l’utente autorizzi l’estrazione e l’accesso all’intero flusso dei contenuti. Indicandoci la “temperatura” del sentimento discriminatorio, le mappe termografiche ci pongono anche un quesito: esiste un rapporto tra la realtà politica e sociale del territorio e quella virtuale e volatile dei tweet?