E’ giovedì mattina quando l’arma dei carabinieri esegue un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Giuseppe Pezzino, 26 anni, accusato di essere stato, con la complicità del padre, responsabile dei misteriosi incendi nella provincia messinese di Caronia. Tuttavia per il padre, Nino Pezzino, è arrivato solo un avviso di garanzia. E’ stato grazie alla procura di Patti che sono venute a galla le dolosità presenti attorno ai molteplici roghi dello scorso anno, da aggiungersi a quelli che nel 2004 si erano registrati nella stessa zona. L’inchiesta ha appurato come gli incendi fossero stati appiccati dal figlio con l’ausilio del padre. Padre che, guarda il caso, era anche divenuto presidente del comitato locale dei residenti. Con questa carica era suo compito richiedere sovvenzioni economiche alle istituzioni a favore dei cittadini colpiti dalle calamità.
Calamità “quasi naturali”, dato che nonostante i plurimi sopralluoghi delle forze dell’ordine non si era mai riusciti ad identificare la causa dei roghi. Ma non sono recenti le prime ipotesi sugli incendi di Caronia, partite nel lontano 2004, anno in cui il sito della Cicap, un’organizzazione che promuove un’indagine scientifica e critica sul paranormale, esponeva come tra le più ingegnose cause ipotizzate ci fosse quella della “formazione appuntita di magma sotterraneo carico di elettricità”. Cosa che “purtroppo” per geologi e fisici risultava impossibile. Roberto Pinotti, presidente del Centro Ufologico Nazionale, aveva parlato persino di cause legate alla sfera ufo-militare.
L’équipe di studiosi, nata nel 2005 dall’intervento della Presidenza del Consiglio, era formata da carabinieri specialisti, ricercatori della Nasa, marina e chi più ne ha più ne metta, ma anche dopo 2 anni di ricerche le conclusioni non risultavano attendibili. “Un’oscura arma segreta, gli Ufo, tecnologie militari evolute di origine non terrestre, stavano iniziando ad esporre l’intero pianeta a conseguenze spaventose” si evinceva dalle note, quasi leggendarie, degli studiosi. Non finisce qui, si proseguiva con “test non aggressivo mirato allo studio dei comportamenti e delle azioni in un indeterminato campione territoriale scarsamente antropizzato”. Un complotto insomma.
“Ho avuto la fortuna di ricevere alcuni campioni di materiale bruciato direttamente da un tecnico Telecom che fra i primi si è recato a controllare gli impianti” aveva messo nero su bianco Marco Morocutti, progettista elettronico del CICAP – “Oltre ad esaminare questi reperti, nel giugno del 2004 mi sono recato sul posto come consulente di una casa di produzione statunitense, che ha realizzato un documentario per la serie televisiva di indagini sul mistero Proof Positive. Sul posto ho esaminato altri materiali bruciati, giungendo ad una sola e disarmante conclusione. Nessuno dei materiali elettrici che ho avuto modo di vedere è stato bruciato per effetto della corrente elettrica. In nessun caso il calore si è sviluppato all’interno, ma ha sempre colpito le parti bruciate soltanto sul lato esterno. Esattamente come se vi fosse stata applicata una fiamma. Per maggiore sicurezza ho sottoposto i campioni ad un laboratorio che esegue prove e misure a norma di legge sui materiali elettrici, che ha confermato quanto mi era già apparso evidente: nessun fenomeno elettrico, solo l’azione di una fiamma applicata dall’esterno. Come atto finale, nel giugno del 2008 la procura di Mistretta ha concluso l’inchiesta in corso poiché, secondo i periti nominati dalla Procura, non vi sarebbero dubbi circa la “mano umana” dietro agli incendi nelle abitazioni, in riferimento alle misteriose bruciature”. Devono passare ancora 4 anni per arrivare al giorno d’oggi, quando finalmente, dopo la perquisizione dei carabinieri ad una decina di case e veicoli degli abitanti della frazione di Canneto di Caronia, “vittime” di inspiegabili incendi, cominciano ad apparire i primi indagati. E finisce con gli arresti, un mistero durato 11 anni, raccontato da tutti e spiegato dai più, che dimostra però, che anche le migliori fiction hanno una fine, forse.