Napoli- Una tela da finire, un artista alla ricerca della “verità in pittura”, un’ atmosfera soffusa costruita con un sapiente gioco di luci ed ombre: questi gli elementi che hanno caratterizzato la performance artistica organizzata dall’ associazione “Fantasmatica” la sera del 5 marzo. Non sono le ombre l’argomento della serata, ma”i fantasmi” : il fantasma di Città della Scienza divorata dalle fiamme nella notte tra il 4 e 5 marzo 2013 e non solo.
L’associazione– “Fantasmatica” è stata fondata nel 2011 da un gruppo di universitari e studiosi d’arte e materie umanistiche con lo scopo di promuovere la cultura in senso ampio, soprattutto attraverso un percorso di riscoperta del territorio e della storia napoletana. Il nome dell’associazione non è casuale: fantasmatico è tutto ciò che, pur essendo insito nella realtà, non è immediatamente visibile; è ciò che dev’essere svelato perché negato o volutamente messo da parte.
La performance– Articolo 9 della Costituzione italiana: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Così esordisce Francesco De Siena, un artista con una solida formazione filosofica. Un articolo formato da poche ed ovvie parole, quasi “di terz’ordine” eppure non scontato. In quella notte del 4 febbraio fu messo in discussione, anzi: fu divorato dalle fiamme insieme ai capannoni di Città della Scienza. La sua è una tela ancora “in bianco e nero”alle 20.55: si notano un capannone in lontananza, il mare, un dirigibile, una ciminiera con una lanterna sulla cima. L’enigma viene presto risolto. Città della scienza ha molto in comune con l’ingegneria nautica: viene costruita ristrutturando un capannone chimico nel 1853, sembrava quasi un relitto, una nave rovesciata in via Coroglio, non lontana dalla costa. Ben presto ,però, gli ingegneri capiscono che “la struttura dialoga più con l’aria che con l’acqua”. Scatta il piano di riqualificazione: si sostituiscono le pareti del capannone con enormi vetrate, si toglie sostegno a favore della sostenibilità: “ora l’effetto è palpabile, la struttura respira”. Da qui i riferimenti al dirigibile che si libra nel cielo grazie a scambi di pressione, al principio bioclimatico, all’etica geometrica che sottende il progetto di Città della Scienza e all’etica “andata in fumo “nel rogo. Quello che si vede in primo piano non è un dirigibile normale: è il dirigibile ” Italia”, guidato da Umberto Nobile, in quella famosa spedizione del polo Nord andata a male. E’ un altro fantasma e la tuta di Nobile era anche conservata a Città della Scienza: “la tuta che è tutela del corpo così come la tela è custode della verità”. Bastano 12 minuti (il tempo del rogo) e quella tela si trasforma: la vernice nera copre tutto lo sfondo, restano solo il dirigibile e la ciminiera in primo piano, che quasi vengono coperti da quel nero avvolgente. Sembrano corrosi, divorati dalle fiamme. La performance si chiude nuovamente con l’articolo 9, questa volta in senso volutamente ironico: quella notte non ci fu alcuna tutela del patrimonio nazionale.
La verità in pittura– Il ciclo pittorico di De Siena trae ispirazione dai disegni che i bambini delle varie scuole pubblicarono all’ indomani del rogo. “Piccole opere d’arte” che rappresentano Città della scienza filtrata negli sguardi sorpresi dei bambini, in quelli dei loro compagni, in quelli della collettività. Una denuncia, che è anche visione del futuro, perché portata avanti dalle nuove generazioni. Questa è la risposta all’aforisma di Cezanne” Io vi devo la verità in pittura e ve la dirò”: un’arte che racconta verità, nell’atto stesso di svelarla. Viene svelato, in questo caso, cosa accadde quella notte di marzo 2013. Infatti, anche se “fare pittura nel 2015 è difficile”, l’arte ha ancora molto da raccontare.
Foto: Giada Barbano