Abbiamo avuto modo di conoscere meglio Giampiero Khaled Paladini, il presidente della finora prima e unica Università islamica in Italia, precisamente a Lecce, che già sta raccogliendo le prime iscrizioni.
Ci racconti la Sua vita: come è avvenuto questo avvicinamento all’islam? È cambiato il Suo rapporto con gli altri?
“Prima ero cattolico, poi ateo e da due anni e mezzo ho deciso di convertirmi alla religione islamica (in particolare mi ritengo appartenente alla tradizione sufi), a seguito della mia frequentazione del mondo islamico per motivi di lavoro. Sono uno scrittore ma mi occupo anche di relazioni internazionali economiche e istituzionali, in qualità di presidente di Confime (Consorzio imprese del Mediterraneo). Sì, assolutamente, è cambiato il mio rapporto con gli altri”.
Da dove è partita l’idea dell’università? Quali critiche Le sono state mosse?
“L’idea è nata circa quattro anni fa a Salemi (TP), quando Vittorio Sgarbi era sindaco di quella città… A seguito dello scioglimento di quella amministrazione per infiltrazioni mafiose, ho trasferito quella stessa idea a Lecce. All’inizio ho incontrato ostacoli per questioni di cortile e di potere; anche dalla gente comune sono arrivate tante critiche, ma anche tante risposte positive e tanti incoraggiamenti: il problema sono i pregiudizi ideologici che in questo momento storico possono portare solo a scontri molto pericolosi. Infatti, le critiche non sono rivolte a un aspetto in particolare, ma a tutto il progetto, senza studi o approfondimenti su ciò che abbiamo intenzione di realizzare, senza capire di cosa stiamo parlando”.
Arriveranno finanziamenti da parte del governo italiano?
“Come in ogni progetto di questo tipo, sia esso cristiano o musulmano o di altre religioni, le donazioni sono la principale fonte. Naturalmente ognuno si rivolge alla sua parte e noi ci rivolgiamo ai Paesi islamici e alle istituzioni pubbliche e private di quei Paesi. Non intendiamo utilizzare nessun finanziamento da parte di istituzioni italiane pubbliche siano esse locali e nazionali o da parte del governo italiano”.
Come sarà strutturato l’insegnamento? Tra una lezione e un’altra, sarà lasciato il tempo per le 5 preghiere quotidiane? Il venerdì sarà il giorno libero, sostitutivo della domenica?
“L’insegnamento sarà strutturato esattamente in modo uguale alle altre università, soltanto che l’ispirazione sarà sufi. I particolari li stabilirà il comitato scientifico, ma il rispetto del Corano sarà alla base di ogni decisione. Ancora dobbiamo valutare molti aspetti… Non ci sono precedenti in questo senso”.
Ci saranno test d’ingresso che selezioneranno gli studenti?
“Vogliamo che sia un’università d’eccellenza e di nicchia, con massimo cinquemila studenti a regime. Non vogliamo creare altri disoccupati, vogliamo garantire il lavoro a tutti i nostri laureati, in Italia o all’estero, attraverso convenzioni e stage continui”.
Quali requisiti dovranno avere gli insegnanti? Dovranno essere musulmani?
“Dovremo seguire i regolamenti del Miur per questo… Stabiliremo modalità di assunzione molto selettive, sia per i docenti musulmani sia per gli altri”.
Le tasse saranno più o meno simili a quelle delle altre università private, o ci saranno agevolazioni per gli immigrati musulmani ad esempio?
“Non si allontaneranno molto dalle cifre delle altre università private italiane, ma spero di poter avere a disposizione tante borse di studio per le categorie svantaggiate, prima fra tutte quella citata da te”.
Si potranno professare liberamente anche le altre religioni, ad esempio esponendo il simbolo della croce?
“Non proprio, siamo pur sempre in una struttura islamica. Chi vuole indossare l’hijab, il burqa o nessun velo è libero di farlo, ognuno potrà rispettare il suo pensiero, ma è chiaro che ci saranno delle regole. Chi si iscrive sa di trovarsi in una Università islamica. Per quanto riguarda l’interreligiosità, vorremmo stabilire un gemellaggio con l’Università cattolica che sta nascendo ad Arbil, nel Kurdistan iracheno”.
In che modo pensa che una Università islamica possa essere utile a uno studente non musulmano e all’Italia in generale, come Paese cattolico?
“Questa domanda richiederebbe un intero libro… Gli aspetti di vantaggio sono molteplici, ma quelli più evidenti sono il confronto aperto e lo sviluppo della reciproca conoscenza e accettazione, oltre a quanto potrà portare in termini di cooperazione scientifica ed economica”.
Penso che una cosa sia la semplice tolleranza, che riconosce e in qualche modo “ignora” il vicino musulmano, ma un’altra cosa sia la vera accettazione, ossia il rispetto, la presa di coscienza della verità di ciò in cui credono gli altri, senza fermarsi al fatto che si tratta qualcosa di diverso e quindi “meno degno di considerazione”. Credo che una realtà come quella dell’università possa aiutare in questo senso. È d’accordo?
“Io stesso non sarei stato capace di dirlo meglio”.
Per chiunque fosse interessato, ricordiamo che nel prossimo anno accademico si partirà con i corsi di Agraria e Teologia.