Nuovo allarme attentati per i magistrati di Palermo: una lettera anonima avrebbe annunciato la presenza di armi ed esplosivo nei luoghi frequentati abitualmente da alcuni magistrati e subito sono scattate le ricerche.
La segnalazione è stata al centro del comitato provinciale per l’ordine a la sicurezza pubblica nei giorni scorsi. Secondo indiscrezioni non ci sarebbero riferimenti a persone specifiche, ma la segnalazione sarebbe precisa, tanto da indurre gli investigatori a mettersi subito alla ricerca degli autori.
Ad alimentare la tensione, in un palazzo di giustizia che da mesi è più che mai blindato, sarebbero state le rivelazioni di un confidente che avrebbe in qualche modo confermato quanto indicato nell’anonimo. L’attenzione degli inquirenti si è concentrata attorno al pm Nino Di Matteo, pubblica accusa e anima del processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, e oggetto di diverse intimidazioni e dei minacciosi strali del boss Totò Riina, sorpreso dalle “cimici”, piazzate in carcere, a progettare la morte del magistrato.
La vicenda è stata comunicata anche al procuratore generale Roberto Scarpinato, responsabile della sicurezza del palazzo di giustizia e che martedì ha incontrato Di Matteo.
Recentemente, inoltre, il neopentito Vito Galatolo ha raccontato di un piano per l’uccisione del pm, e di un carico di tritolo già acquistato. Dopo l’anonimo, gli investigatori starebbero setacciando, anche utilizzando tecnologie sofisticate, una serie di luoghi frequentati da alcuni pm, tra i quali anche circoli ricreativi della città.
Dell’ultimo allarme si è occupato il Comitato provinciale per l’ordine e la Sicurezza pubblica che si è svolto ieri in Prefettura. Nel corso della riunione si è tornati anche a parlare delle misure di protezione decise per tutelare Di Matteo a cui, comunque, è già stato assicurato il massimo livello di vigilanza.
Dall’enorme numero di intimidazioni e avvertimenti subiti da giudici e pm, la Direzione Nazionale Antimafia deduce “l’esistenza di una strategia criminale volta a destare allarme ed assai probabilmente a tentare di condizionare lo svolgimento delle attività investigative e processuali della magistratura del distretto di Palermo“. Il riferimento è alle intercettazioni delle conversazioni di Riina, con il compagno di carcere Alberto Lorusso, fitte di minacce a Di Matteo.
Da diverso tempo in Procura arrivano anonimi ben informati, la cui provenienza non è stata ancora chiarita, con i quali i magistrati vengono messi in guardia su attività di spionaggio messe in atto ai loro danni; responsabili sarebbero gli esponenti delle forze dell’ordine che agirebbero su input di soggetti non precisati.
Sugli anonimi indaga la Procura di Caltanissetta, nell’inchiesta che prende il via dal cosiddetto “protocollo fantasma“, una delle denunce piene di particolari in cui si sostiene che Di Matteo sarebbe spiato e controllato, e all’attenzione passa una lettera anonima, recapitata nei mesi scorsi al pg Scarpinato.
Un documento inquietante, colmo di riferimenti specifici a indagini condotte dal magistrato che, per gli inquirenti, non sarebbe stato scritto da mano mafiosa, ma da soggetti vicini ad ambienti istituzionali.
A questo punto si evidenzia sempre meno la sottilissima linea di demarcazione tra la mafia in quanto tale, intesa come delinquenza al di la delle istituzioni, e quella più subdola, quella che si insinua negli ambienti istituzionali.