Oggi tutto è in un certo qual modo “psicologico”: dai nostri atteggiamenti ai nostri profili caratteriali, da come ci comportiamo con gli altri a come rimuginiamo su di noi e sui nostri problemi quotidiani. Ma quando chiedo a chi continuamente parla di psicologia et similia di darmi una qualsivoglia definizione della Psiche noto quasi sempre un certo imbarazzo nelle risposte.
Per gli antichi, la Psiche era l’anima e quindi, in una parola, tutto il bagaglio costituito dalla capacità di pensare e di emozionarsi che un essere umano poteva provare. Ma il concetto di anima ci ha sempre portato un po’ più su rispetto al limite fisico del nostro “essere umani“: da Platone fino all’era cristiana l’anima è un dono di Dio, qualcosa che ci tiene legati ad un mondo ultraterreno e che riempie il nostro corpo come un nettare di significanze.
L’avvento delle neuroscienze ci dà forse un’altra lettura della Psiche e del suo senso profondo.
Per la maggior parte degli studiosi del cervello (ma non per tutti), non c’è differenza tra Psiche e cellula cerebrale. Si tratterebbe della classica medaglia a due facce: la prima guarda verso la struttura più puramente fisica, quella più tangibile e misurabile rappresentata dalle cellule stesse, dalle sinapsi e da tutte le sostanze chimiche che si muovono all’interno del cervello, mentre la seconda faccia guarda uno stato materico costituito da pure immagini mentali e sensazioni emotive, uno stato fluttuante e fisicamente ancora inesplorato. Per usare una metafora grezza, ma comprensibile, si potrebbe trattare dello stesso rapporto che esiste tra un proiettore analogico ed il film proiettato: da un insieme di meccanismi ad un’opera d’arte in grado di commuoverci il passo pare più breve di ciò che si pensi.
Ovviamente, a questa visione decisamente materialista, si contrappone quella spiritualista legata alla visione religiosa dell’Uomo in cui la Psiche/Anima, come accennato all’inizio, è fondamentalmente altro da noi. Per definire la Psiche, comunque, trovo personalmente molto piacevole la definizione di James Hillman (tra gli ultimi allievi di Jung) che la descrive come “…una serie di immagini fantastiche”.
In qualsiasi modo lo si voglia mettere, il concetto di Psiche resta uno dei più affascinanti e misteriosi arcani della conoscenza umana, il cui potere seduttivo risiede tutt’ora nella sua aurea d’indecifrabilità.
Riccardo Talamazzi