È morto mercoledì notte alle 3, all’età di 91 anni, l’ultimo, vero e grande baluardo della canzone napoletana del ‘900: Giacomo Rondinella.
Un icona che lascia un’eredità pregna d’interpretazioni rese uniche ed inconfondibili da una voce calda, vibrante e romantica.
Nato a Messina il 30 agosto 1923, in una “famiglia d’arte” – papà Ciccillo e mamma Maria Sportelli cantanti ed attori, il fratello Luciano cantante e discografico, la nipote Clelia attrice e le sue sorelle Francesca e Amelia cantanti anche loro – durante un tour e, nonostante il suo destino apparisse già segnato fin dalla nascita, i genitori provarono a disegnare nel suo avvenire tutt’altro futuro indirizzandolo alla carriera di capitano di lungo corso.
Bello, alto, atletico e “sciupafemmine”, combatté la guerra nel battaglione San Marco, poi tentò la carriera di pugile, per essere successivamente risucchiato dal fascinoso richiamo del mondo dello spettacolo, divenendo in breve una star di cantaNapoli. Vinse il concorso per voci nuove indetto da Radio Napoli nel ’44, appena un anno dopo lanciò “Munasterio ‘e Santa Chiara” in una rivista di Galdieri, lavorò a teatro con la Magnani e Cervi, fino a conquistare il cinema con la sua fotogenia, diventando una star di pellicole popolari, musicarelli e non solo. Rondinella gira ben dieci film, sempre invischiato in storie d’amore e melodrammoni, conquistando anche Rossellini che lo volle in “Dov’e’ la liberta”.
Ma fu grazie a “Carosello napoletano“ di Ettore Giannini che riuscì a conquistare la celebrità. E ancor più per “Malafemmena” di Toto’ che fu il primo a incidere nel 1951. Un’emissione vocale potente, una prestanza fisica invidiabile: Giacomo Rondinella ha saputo far sognare ed innamorare innumerevoli generazioni, oltre che conquistare una sempre più estesa fetta di pubblico femminile. Da tempo viveva alle porte di Roma, a Fonte Nuova, da dove spediva agli amici i provini di registrazioni in cui musicava Poesie di Totò ed Eduardo o si misurava con qualche classico non ancora da lui inciso. Ma anche progetti, per un nuovo Festival di Napoli, per una scuola della canzone partenopea.
Tante cose ancora da fare, tante idee in cantiere alle quali montare le gambe, per continuare a conferire lustro alla canzone napoletana che, ormai, dopo aver perso il suo “ultimo padre” sarà probabilmente destinata a vivere solo di ricordi e nei ricordi.