Spiegare ai giovani maturandi il funzionamento di una Facoltà di Giurisprudenza attraverso la ricostruzione dei grandi processi dell’attualità. È questa la suggestiva formula adottata già da qualche anno dalla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli per i “Grandi Processi”, un ciclo di incontri di orientamento alla scelta universitaria rivolto agli studenti delle scuole secondarie superiori della Campania.
Stavolta al centro dei “Grandi Processi” del Suor Orsola ci sarà “Il giallo di Garlasco”, uno dei casi giudiziari che più ha fatto discutere l’opinione pubblica degli ultimi anni. Un caso giudiziario di grande interesse, anche da un punto di vista scientifico ed accademico, perché l’ultima sentenza della Corte di Appello di Milano, che ha condannato Alberto Stasi a 16 anni di reclusione per l’omicidio dell’ex fidanzata Chiara Poggi, ha completamente ribaltato i verdetti assolutori di ben due gradi di giudizio.
Il processo simulato sul Caso Stasi si svolgerà Mercoledì 25 Febbraio alle ore 11 nella Sala Villani del Suor Orsola nell’ambito delle attività dell’Open Weeek, la settimana di orientamento “porte aperte” che l’Ateneo napoletano ha organizzato per guidare gli studenti delle scuole secondarie superiori ad una scelta più consapevole del corso di studio universitario attraverso una serie di prove, lezioni e simulazioni di “vita universitaria”, che si svolgeranno tutti i giorni fino a venerdì 27 Febbraio.
Il processo simulato, che sarà introdotto dal Rettore, Lucio d’Alessandro e da Luca Calcaterra, responsabile dell’Orientamento per la Facoltà di Giurisprudenza del Suor Orsola, vedrà contrapposti Gianluca Gentile, docente di diritto penale al Suor Orsola, nelle vesti di pubblico ministero e l’avvocato penalista Alfonso Trapuzzano, nelle vesti di avvocato difensore di Alberto Stasi.
Il verdetto sarà affidato ad un collegio giudicante formato da un gruppo di studenti delle scuole secondarie superiori presenti all’Open Week presieduto dal magistrato Gaetano Carlizzi.
L’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco, in provincia di Pavia, il 13 Agosto 2007, rappresenta uno dei casi di cronaca nera più controversi degli ultimi anni. A più di sette anni da quell’atroce delitto, la giustizia penale non si è ancora pronunciata in via definitiva.
La pubblica accusa non ha dubbi: l’unico responsabile sarebbe il fidanzato di Chiara, Alberto Stasi, colui che quella tragica mattina chiamò i soccorsi affermando di essere entrato nell’abitazione della ragazza e di averla trovata morta. La difesa, invece, obietta che le indagini avrebbero trascurato di coltivare altre piste investigative, e che il quadro indiziario a carico di Stasi sarebbe precario. Valutazione, quest’ultima, fatta propria dai giudici sia in primo grado sia in appello, dove Stasi è stato assolto per non aver commesso il fatto.
La Corte di Cassazione ha poi però annullato la sentenza di appello, perché in essa non si sarebbe fatto buon uso dei criteri di valutazione della prova indiziaria, ed ha rinviato il caso ad altro Giudice. Da qui la recente condanna, il 17 dicembre 2014, di Alberto Stasi a 16 anni di reclusione per l’omicidio di Chiara Poggi.
“In attesa di conoscere le motivazioni della sentenza di condanna, sulle quali sarà poi richiamata a pronunciarsi la Cassazione, – anticipa Gianluca Gentile, coordinatore scientifico della simulazione processuale – è possibile trarre dal giallo di Garlasco alcuni spunti di riflessione sul funzionamento del processo penale, soprattutto sugli aspetti che destano nell’opinione pubblica maggiore perplessità: è normale che, nel corso dello stesso processo, un imputato sia prima assolto, e poi condannato? In base a quali elementi i giudici assumono le loro decisioni? Che importanza si attribuisce al dolore delle vittime e dei loro familiari? E qual è il ruolo delle forze dell’ordine, dei periti, della difesa? L’attenzione dei media influenza lo svolgimento di un processo penale?”.
La simulazione processuale che prenderà spunto dal giallo di Garlasco cercherà di far emergere queste problematiche, e di illustrarle agli studenti alla luce dei principi fondamentali che caratterizzano i sistemi penali delle società democratiche: tra questi, il principio della necessità di provare la colpevolezza di un imputato oltre ogni ragionevole dubbio.