Pasquale De Maria era un ragazzo di vent’anni, studente e campione di arti marziali. Cultore del benessere, della vita salubre, bello come il sole, robusto come una roccia, grazie alla possente fisicità che gli conferiva dall’assidua pratica sportiva.
Era forte Pasquale, ma non abbastanza da sconfiggere il cancro. Pasquale era nato e cresciuto ad Acerra: questo il neo che ha condizionato la sua vita, fino a spegnerla definitivamente, l’altro ieri.
Pasquale è morto, di cancro.
Pasquale è morto, di cancro, a 20 anni.
Pasquale è morto, di cancro, come tante, troppe altre vite radicate nella Terra dei fuochi.
Morti, deturpanti, premature e violente, veloci, strazianti, inesorabili.
Immediata, ancora una volta, la reazione della popolazione di Acerra, che, lumini accesi tra la mani, si è recata sotto le cancellate del Municipio per inscenare l’ennesima protesta.
Le Mamme Coraggio si sono anche incatenate al recinto della casa comunale.
“Basta! Il sindaco e il consiglio comunale devono subito prendere provvedimenti concreti: non ce ne andremo da qui fino a quando non faranno qualcosa”.
Questo l’urlo che ha dato forma a pensieri e stati d’animo di quelle donne, stanche ed esasperate.
Stanche di seguitare a piangere le morti dei loro figli.
Esasperate da quel tunnel, buio e senza via d’uscita che tiene in ostaggio le loro vite e del quale nessuno sembra aver realmente voglia di occuparsi.
“Tre settimane fa – spiega il leader ambientalista Alessandro Cannavacciuolo – la Corte di Appello di Napoli ha dichiarato il disastro ambientale per il territorio di Acerra ma ancora non organizzano nessun consiglio comunale straordinario finalizzato a prendere provvedimenti seri sia sul fronte del disastro che su quello dello stop all’insediamento di altre industrie inquinanti”.
Intanto, Pasquale, anche Pasquale, ha smesso di vivere.