Napoli accoglie il primo museo dedicato all’archeologia etrusca. Si inaugura, infatti, una galleria incentrata sull’affascinante e ancora in parte misterioso popolo indoeuropeo che ha vissuto nell’Italia centrale, tra Emilia Romagna ed alta Campania, fin dall’ottavo secolo avanti Cristo.
Inaugurato lo scorso mercoledì 18 febbraio, presso l’istituto Collegio Francesco Denza (discesa Coroglio), gestito dai padri barnabiti e diretto dal rettore padre Pasquale Rigillo, il “Museo archeologico Etrusco De Feis“ sarà visitabile su prenotazione (info 081 575 7533).
La collezione, curata dall’archeologa napoletana Fiorenza Grasso, comprende circa 800 pezzi, che abbracciano un arco cronologico tra l’Età del Bronzo ed il terzo secolo. Di questi, 250 reperti arrivano da Orvieto: antiche coppe, sostegni, brocche con mascheroni decorativi con cinghiali e cavalli alati. Molte ceramiche di bucchero, caratterizzate dal colore nero lucente, sia in superficie che in frattura.
Inoltre, 47 ulteriori raffinate ceramiche a figure rosse, tra bellissimi vasi e crateri, sono di origine caudina, precisamente di Montesarchio, una delle più fiorenti città sannite in epoca preromana. Un’altra sezione raccoglie articoli di siti minori e iscrizioni imperiali (dal primo secolo in poi), provenienti da Roma. Fiore all’occhiello, è un sarcofago di terracotta (datato tra fine terzo e inizio secondo secolo a. C.), che rappresenta una sconosciuta donna.
Ogni sala è provvista di appositi pannelli esplicativi e didascalie. “E’ la prima volta che la collezione arriva a Napoli – spiega la curatrice Grasso – fu acquistata tra il 1869 e il 1882, dal padre barnabita Leopoldo De Feis ed esposta fino al 1906 al Collegio di Firenze Alla Querce, per poi confluire in un museo ad hoc fino al 2003″.
Con la chiusura definitiva del collegio, i reperti sono stati sigillati e chiusi in casse, all’interno della vicina villa San Paolo dei Barnabiti, a Firenze, fino al 2014, quando padre Riillo ne ha chiesto lo spostamento all’istituto posillipino, in accordo con la Soprintendenza archeologica di Napoli che ne ha imposto un vincolo culturale.
Un piccolo tesoro del popolo etrusco ospite in una delle città in Magna Grecia che più gli fu nemica.