Jafar Panahi è un regista iraniano.
Nato a Mianeh l’11 luglio 1960, si laurea a Tehran presso l’Università del cinema e della televisione. Lavora dapprima come assistente del regista e scrittore Abbas Kiarostami nel film “Sotto gli ulivi”, mentre diventa vero e proprio regista poco dopo, col lungometraggio “Il palloncino bianco” che gli permette di vincere la Caméra d’or al Festival di Cannes. Portano la sua firma opere come “Lo specchio”, “Il cerchio”, “Oro rosso”, “Offside”, “Questo non è un film” e il recente “Taxi” con cui ha vinto il primo premio nell’ultima edizione del Festival di Berlino (https://www.napolitan.it/2015/02/15/13188/arte-cultura/jafar-panahi-vincitore-del-festival-di-berlino-fa-piangere-la-nipotina/).
Parecchi dei suoi lavori non sono apprezzati dal regime iraniano, da quando partecipa nel 2010 a movimenti di protesta contro il governo. Viene arrestato, ma organizzazioni a difesa dei diritti umani, attori, registi e personalità di calibro internazionale si mobilitano e viene rilasciato su cauzione dopo quasi tre mesi. Condannato però a non uscire dall’Iran, non rilasciare interviste, non girare quei suoi film che invece escono dal Paese clandestinamente.
Non mancano, tuttavia, i riconoscimenti stranieri: vince il Pardo d’oro al Festival di Locarno, il Leone d’oro a Venezia, il premio della giuria a Cannes, l’Orso d’argento a Berlino, oltre all’Orso d’oro su citato.
Nonostante gli ostacoli e le condanne ricevute, in un’intervista a Maurizio Braucci il regista dichiara:<<Sono legato all’Iran, alla sua gente, ho una grande curiosità per il mio Paese, per le storie che vi si annidano. Non sono d’accordo con chi se ne va>>.
Così descrive invece le sue sensazioni allo stato attuale: <<Quando mi trovavo in una piccola prigione, sapevo che non c’era niente che potessi fare. In ogni momento ero spiato. Ora che son definito “libero”, ma in realtà mi trovo in una prigione più grande, devo fare qualcosa e non posso restare inattivo, lasciando che la mia vita vada sprecata. Sono stufo di fare tutto clandestinamente in spazi molto ristretti, e non avendo la libertà di lavorare come ero abituato… Mi sento male a pensare a tutti questo progetti che mi piacerebbe realizzare, ma non ho la possibilità di farlo>>.