Era il 20 agosto, eppure quel pomeriggio, in Sila, del torrido ed afoso clima che contraddistingue l’estate, vi era ben poco.
A mille metri d’altitudine c’erano pioggia e freddo.
Carmelo Imbriani era in ritiro con i giocatori del Benevento.
Rientrato in albergo, misura la febbre: la colonnetta di mercurio schizza a 40.
Nei giorni antecedenti, il calciatore che 21 anni fa fece il suo esordio nella massima Serie con la maglia del Napoli, aveva lamentato dolori forti, ragion per cui si era imbottito di farmaci ed aveva trascorso notti insonni.
Broncopolmonite, la prima diagnosi.
Tumore, la seconda.
Linfomi in più punti del corpo, all’ospedale di Perugia ne scoprono subito uno maligno all’adduttore.
Questo è l’incipit della drammatica storia di Carmelo Imbriani, ex calciatore del Napoli, ma soprattutto un uomo, marito, padre, persona umile e ammodo, stimata e stimabile, chiamato, inaspettatamente, a disputare la partita più impegnativa ed altresì infima della sua vita, fuori dal rettangolo verde.
“Segnerò un gol anche al destino”.
Dichiara lo stesso Imbriani, dall’ospedale di Perugia, terreno di gioco che “ospita” quella partita. La più importante: quella della vita.
“I primi giorni sono stati tremendi. – racconta in un’intervista – Non me l’aspettavo e facevo tanti pensieri: non avrei voluto farmi vedere senza capelli, così secco… Poi ho capito che non devi essere ossessionato e non devi vergognarti per una malattia, ma affrontarla con determinazione. Mi sono fatto forza pensando alla mia famiglia. La prima chemio è stata una botta. Era importante farsi forza psicologicamente perché altrimenti affronti male la terapia. Me lo hanno detto altri ammalati e lo ripeto anche io: diamoci forza. La medicina ha fatto passi da gigante, c’è sempre la speranza. Bisogna crederci e non lasciarsi andare.”
Non molla Carmelo.
Non è disposto a cedere campo a quel brutto male, come è giusto che sia, al cospetto di qualsivoglia avversario da eludere e sopraffare.
Non gli fanno mancare il proprio supporto le persone che lo amano, la sua famiglia, gli ex compagni di tutte le squadre in cui ha militato: Taglialatela e Pecchia sono i più assidui nel fargli visita, così come mister Boskov, – con il quale, un grappolo di mesi dopo, s’incontrerà in paradiso – il Benevento continua ad affiancarlo con striscioni e dediche sulle maglie a ogni gara, giungono messaggi di stima ed affetto da parte delle tifoserie di tutto il mondo, mentre per innumerevoli domeniche, il Napoli indossa, sotto quella ufficiale, una seconda maglia sulla quale è incisa una frase: “Imbriani non mollare”.
Un urlo di battaglia, una preghiera, pregna di forza, speranza e voglia di vivere e molto altro ancora.
“Imbriani non mollare” oggi è molto più di uno statico slogan: è movimento, impeto, speranza, emozione che personificano la storia di una promessa, del un sogno due fratelli che girano il mondo abbracciati.
La PROMESSA è quella di Gianpaolo, ambiziosa, ma non impossibile, di far conoscere la storia di suo fratello Carmelo in tutto il mondo.
Il SOGNO è quello di girare il mondo guidando un furgoncino che mostri con orgoglio l’immagine di Carmelo insieme a quella di una famosa opera di Keith Haring. Due figure unite da un unico messaggio di fratellanza che racconteranno “per strada” quello che di buono è emerso da questa brutta storia. Con il tempo poi arrivare con progetti umanitari nei paesi più poveri della terra, lasciando su ogni opera finita l’effigie di Carmelo.
ImbrianiNonMollare, oggi, è anche amicizia: due fratelli che intanto “girano il mondo” grazie alle persone che, portano con sé quelle due immagini e le mostrano in tutti i loro viaggi.
In un giorno come oggi, il 15 febbraio del 2013, la vita di Carmelo ha smesso di battere e respirare.
La sua storia, il suo nome, ma, soprattutto, la promessa e il sogno sono destinati a vivere in eterno nel simbolo incarnato da “Imbrianinonmollare”.
Il coraggio, la combattività e la voglia di resistere che l’Imbriani uomo ha dimostrato, oggi, domani e sempre, possono e devono fungere da esempio per tutti coloro che imperversano nella medesima battaglia.
Affinché non si sentano soli, ma piuttosto coesi in un’unica, grande squadra, congiunta nell’affine obiettivo di sopraffare quel turpe ed efferato avversario comune.
Questa è l’eredità lasciata su questa terra dall’uomo, calciatore e combattente Carmelo Imbriani.