Il dramma della piccola Carmen, è nato e morto lo scorso 3 maggio.
In seguito ad un parto cesareo d’urgenza effettuato all’ospedale Umberto I di Nocera Inferiore, la neonata nacque già morta.
Alle 7 del mattino dello scorso 3 maggio, Carmela si reca in ospedale perché colta da violenti dolori addominali. È già oltre i 9 mesi, quindi pronta a partorire. Da un primo tracciato emerge che il feto è in ottima salute. Viene rassicurata con l’invito a tornare a casa, ma i dolori si fanno più acuti. Il ginecologo riferisce però che è tutto «nella norma», tuttavia, mentre Carmela sta per uscire dall’ospedale, chiama il medico di fiducia per un consiglio su quei dolori che non vanno via. Anche quest’ultimo la rassicura e la invita a ricontattarlo qualora quel malessere si fosse ripresentato. Carmela ritorna tuttavia in reparto, convinta anche da un medico che la vede in evidente sofferenza. Quindi, da successivi accertamenti, con tanto di tracciati, si registra un battito molto debole nel feto. Alla corsa in sala operatoria segue poi un taglio cesareo che purtroppo non salva la piccola.
«La causa del decesso del prodotto del concepimento è stata una Mef (morte endouterina fetale) da infarto acuto della placenta. Tale evento è di tipo acuto e prevedibile, ma non prevenibile. Effettuata corretta diagnosi, i sanitari hanno provveduto all’effettuazione di corretta terapia medica e chirurgica». Questo è quanto asserisce la perizia del medico della procura.
Di contro, la difesa, invece, sostiene che «Non si trattava di prevenirlo ma di diagnosticarlo affinché potesse essere adeguatamente trattato. Il consulente del pm ha ricostruito i tempi e i modi dell’intera vicenda sulla scorta della cartella clinica, della quale si deve sottolineare la lacunosità, la grave assenza di annotazione della esecuzione dei tracciati cardiotografici del diario clinico e l’incomprensibilità di quanto annotato».
Il sostituto procuratore Amedeo Sessa ha archiviato il procedimento che vedeva indagati quattro medici per imperizia e negligenza, dopo la denuncia sporta dalla famiglia della piccola. Una decisione non accolta di buon grado dai familiari della piccola che, attraverso i loro rappresentanti legali, hanno proposto una richiesta d’opposizione, con tanto di nuova consulenza medica, entrando nel merito di quelli che sono stati i risultati dell’incarico affidato al dottore Giovanni Zotti.
Oltre a chiedere un proseguo delle indagini, i legali hanno sottolineato che le conclusioni contenute nel documento sono «scientificamente non corrette». Mancherebbero, infatti, diverse informazioni mediche giudicate importanti che configurerebbero una responsabilità nei confronti di alcuni dei medici di quel reparto. A riguardo, i legali ricordano la registrazione della frequenza cardiaca fetale, la tecnica di monitoraggio del benessere fetale più utilizzata durante il travaglio di parto. Attività che però non risulterebbe nella sua interezza dalla cartella clinica: «Mancano 4 tracciati cardiotografici e cartogramma, dove vengono annotate visite, tracciati ed ecoflussimetrie praticate. O la signora Rosa dichiara il falso – si legge – o peggio, è falsa la cartella clinica che è un atto pubblico». Da qui, l’invito ad «affidare nuovo incarico ad un collegio di consulenti che stabiliscano la fondatezza dei rilievi mossi dai medici di parte e che faccia chiarezza sui motivi per i quali una giovane donna, in pieno benessere suo e del proprio feto, in poco meno di cinque ore subisca un taglio cesareo e la perdita del figlio».
Adesso, pertanto, si attende il verdetto del gip.