La vicenda di cui stiamo per parlare può sembrare tratta da un film, uno di quelli drammatici, che vengono mostrati al pubblico al fine di sensibilizzare su degli argomenti delicati. Invece, questa è una vicenda estrapolata dalla realtà e si rivela essere più drammatica della trama di una pellicola.
Siamo a Roma, dove un 57enne, Stefano Sidoti, viene rinviato a giudizio per lesioni gravi alla sua ex-compagna. Potremmo pensare subito all’ennesimo caso di violenza sulle donne e, in realtà, potremmo farlo rientrare in questa categoria, se non fosse per le drammatiche modalità.
Stefano Sidoti nel 2000 scopre di essere sieropositivo e nel 2001 intreccia una relazione con la sua attuale ex-compagna. Le cose sembrano andare per il verso giusto, la coppia diventa stabile e presto andranno a convivere insieme. La relazione va avanti da 5 anni e in tutto questo arco di tempo Stefano non ha mai rivelato alla sua compagna la sua sieropositività.
Nel 2007 Sidoti ha bisogno di un urgente ricovero in ospedale per delle complicazioni legate all’Aids ed è in quel frangente che la compagna entra in possesso della cartella clinica dove è riportato lo storico delle patologie del suo compagno. È proprio grazie a questa casualità che la donna scopre di aver avuto per anni rapporti non protetti con un uomo malato di Aids. Immediatamente, la donna si sottopone agli accertamenti del caso per scoprire se è stata infettata e i risultati le danno esito positivo.
Dopo questo episodio increscioso la coppia si separa e, in un primo momento, l’uomo nega di essere affetto da questa patologia. È qui che l’ex-compagna decide di intraprendere azioni legali contro colui che ormai l’ha condannata ad una vita difficile, denunciandolo per lesioni gravi. Il processo si protrae per anni, fino a poche settimane fa, dove in aula viene fatta ascoltare un’intercettazione di una telefonata di Sidoti, dove si conosce il vero motivo che ha spinto l’uomo a tacere della sua malattia: temeva di perdere la donna che tanto amava, anche a costo di farla ammalare. I giudici hanno tenuto conto solamente in parte di questa “attenuante” poiché le stesse intercettazioni hanno fatto intendere che anche alcuni familiari erano a conoscenza di questa situazione e, almeno loro, avrebbero potuto mettere in guarda la compagna di Sidoti e in qualche modo salvarle la vita.
A prescindere dalla questione legale che è venuta a costruirsi, dietro questa triste vicenda traspare un aspetto oscuro che padroneggia la vita dei suoi protagonisti consapevoli e non. Ci viene difficile pensare che nel 2015 (e in questo caso in un arco di 15 anni) ci sia ancora un livello alto di non conoscenza dell’argomento Aids.
Ancora oggi in televisione ne sentiamo parlare soltanto in ricorrenza della giornata mondiale contro l’Aids (1° Dicembre, ndr) e per di più non in programmi di informazione medica. Nella maggior parte dei casi essa ci viene definita come una malattia sessualmente trasmissibile e l’unico rimedio contro di essa sembra essere soltanto un preservativo. Non abbiamo dubbi sull’intento del messaggio lanciato, ma se poi si verificano casi come questi vuol dire che un problema di fondo c’è. Anche nelle scuole la situazione non sembra essere diversa e, nella maggior parte dei casi, l’Aids viene affrontata soltanto con un misero specchietto all’interno dei libri di scienze.
L’Aids può essere trasmessa in vari modi, la trasmissione sessuale è uno di questi e non siamo sicuri che maggiori attenzioni verso un argomento tanto delicato garantirebbero una riduzione dei contagi, ma aiuterebbero certamente a migliorare l’approccio con la malattia, sia da parte del malato che da parte di chi gli sta accanto, al fine di evitare tristi vicende come quella che abbiamo appena riportato.