Torniamo a parlare dell’ormai triste vicenda di Maaz Al Kassasbeh, il pilota giordano vittima delle atroci barbarie dell’Isis. Stavolta però lo facciamo con un nuovo spirito, quello della speranza e della rivincita, attraverso il racconto di un gesto significativo e dal potente valore mediatico.
La protagonista è la Regina della Giordania, Rania, da sempre impegnata nella lotta per i diritti civili e per il benessere umanitario che, con l’episodio di cui stiamo per parlare, ha sicuramente invogliato il governo giordano e tutto l’Occidente a portare avanti con decisione la lotta al Califfato. La regina si è unita al corteo che venerdì ha sfilato nella città di Amman in segno di protesta contro le esecuzioni dei terroristi, arrivando fino al centro della capitale. In prima fila troviamo la sovrana e il re Abdullah II che, esponendo una foto della vittima, fanno capo alla catena umana che si è stretta intorno alla famiglia della pilota arso vivo. Dopo questa manifestazione solidale, i sovrani hanno incontrato la vedova di Al Kassasbeh, sposata con il suo defunto marito da soli 5 mesi e di cui ha appreso la morte attraverso un social network. La foto ritrae le due donne in un commovente abbraccio e l’espressione di Rania trapela un sincero dolore, ma nei suoi occhi si legge a chiare lettere la determinazione nel lanciare un potente segnale ai terroristi dell’Isis.
Nel frattempo, continua l’assedio dell’esercito giordano nelle roccaforti dell’Isis. La rappresaglia di Amman che prende il nome del pilota definito “martire” per ora si limita ad attacchi aerei sulla Siria e sull’Iraq, ma dalle parole del ministro degli esteri Nasser Judeh si intende che questo “è solo l’inizio”. A fermare questa voglia di riscatto non sarà neanche l’annuncio dei terroristi della morte della cooperante americana Kayla Jean Mueller, uccisa quando era tenuta in ostaggio proprio in un edificio attaccato dalle truppe giordane.
Nelle ultime ore si è sparsa anche la notizia di un altro attacco all’Isis: quello via Web. Infatti, i membri di Anonymous (gruppo di hacker di portata internazionale) hanno oscurato molti siti web e profili via social network gestiti dal Califfato.