Rita Alloni, di Quarto, figlia unica, un lavoro da segretaria in uno studio legale a Napoli, 27 anni da compiere il 30 aprile. Candeline destinate a non accendersi mai, perché la luce che irradiava quel viso solare e pulito si è spenta per sempre.
Una tragedia? Una sciagura? una fatalità?
La definizione più consona da affrancare ad una morte come quella di Rita è un’etichetta nera, tristemente nera. Non esistono parole appropriate. Non esistono termini in grado di conferire senso e giustizia ad una morte infausta e precoce come la sua.
Giovane, con una fervida passione per la moda, i vestiti, le borse e le scarpe con i tacchi vertiginosi. Come tutte le donne e aspiranti tali. Esci di casa, in un pomeriggio qualunque, scalfito dalla pioggia più infausta che può grondare nel destino di una giovane vita. Ed è così che “un pomeriggio qualunque” si è tramutato nell’”ultimo pomeriggio”.
Dopo il pranzo, consumato a casa, insieme alla madre, come accade di consueto, Rita esce di casa per recarsi al lavoro. Prima di chiudersi l’uscio di casa alle spalle per l’ultima volta, inconsapevole che quella sarebbe stata l’ultima volta, probabilmente non abbraccia sua madre e non le ricorda quanto le vuole bene, perché tende a dare per scontato che l’avrebbe rivista dopo un grappolo di ore, al termine del pomeriggio di lavoro, quando, come di consueto, si sarebbero ritrovate intorno a quello stesso tavolo, per raccontarsi problemi, pensieri, progetti, programmi: la vita.
È un pomeriggio tremendamente e terribilmente piovoso, uno dei tanti che continuano ad accanirsi sulle sinuose curve di Partenope.
Pioggia, fitta, intensa, copiosa, viscida, meschina, dispettosa.
Sono trascorse da poco le 16, quando la ragazza, in sella al suo scooter, percorre via Consalvo, in direzione di via Caio Duilio quando, proprio a causa della feroce pioggia, il mezzo sbanda facendole perdere il controllo e invade la corsia opposta sulla quale stava transitando, proprio in quel preciso istante, un taxi.
L’autista tenta disperatamente di sterzare a destra, finendo poi sul marciapiede, ma Rita viene sbalzata dalla sua moto e vola sull’altra carreggiata. Il suo corpo finisce sotto le ruote posteriori di un autocarro pesante che stava transitando, proprio in quel preciso istante.
Una dinamica surreale, maledettamente sfortunata, inverosimile, proprio come quelle che solo la mano beffarda del destino si rivela abilmente capace a disegnare.
Rita, secondo quanto hanno accertato gli agenti della polizia municipale, indossava regolarmente il casco ed è morta durante il trasporto all’ ospedale San Paolo.
È così che l’anima di Rita è spirata.
In un pomeriggio qualunque in cui la morte ha saputo viaggiare più veloce della sua voglia di vivere.