Quando il tuo papà si chiama Benedetto Croce, e deve mantenere in famiglia un pizzico di austerità che dia una coerenza di credibilità alla sua vita pubblica, essere la primogenita non è un mestiere facile.
Nata a Napoli il 3 febbraio 1915, Elena si laurea in Giurisprudenza all’età di vent’anni. Non perde tempo nel rendere fiero il padre, nè nell’arricchire il suo curriculum di tante di quelle esperienze che le restituiscano riscatto da un destino che, per i figli d’arte, è spesso quello di un patronimico perpetuo.
Già in casa respirava l’atmosfera di politica, filosofia, storia e critica letteraria, ma, laddove il padre imparava il Tedesco per accostarsi agli scritti di Hegel, Elena studiava Tedesco, Polacco, Francese e Inglese; mentre il padre voleva legare il proprio nome alla rivista “La critica”, Elena ne fondava due tra le più famose, “Lo spettatore italiano” (di cui condivideva la direzione col marito Raimondo Craveri) e “Prospettive Settanta”. Anni trascorsi a smantellare la consapevolezza di poter essere ricordata come “la figlia di”, nonostante il carattere molto simile a Benedetto, la portavano a dichiarare con apparente incuranza di non aver letto tutti i libri del padre e a iscriversi al Partito d’azione (contro il di lui volere).
Traduttrice e scrittrice di saggi e memorie, il suo salotto era frequentato da Europei e Americani; a lei dobbiamo la più importante biografia di Silvio Spaventa e il riconoscimento del valore del manoscritto di Tomasi di Lampedusa, “Il Gattopardo”, dapprima rifiutato dall’editoria italiana.
Ha contribuito alla realizzazione dell’Istituto italiano per gli studi filosofici e della Fondazione biblioteca Benedetto Croce, in cui si conserva il suo archivio. Ha fondato negli ultimi anni di vita l’associazione “Italia nostra”, per la protezione del territorio.
Tra i libri di maggior rilevanza, “La patria napoletana”, che nasce come biografia di Gaetano Filangieri ma si configura in realtà come analisi sociale e filosofica della Napoli sette-ottocentesca.
Morta il 20 novembre 1994 a Roma, uno dei suoi due figli, Piero, così la racconta: <<Mia madre era una donna di una severa moralità e di una naturale e così vasta cultura e conoscenza delle lingue europee, oltre alla passione per l’ambiente e ai numerosi altri interessi, che per me è sempre stata più che un esempio, un riferimento essenziale ma anche difficile da imitare>>.
In occasione del centenario dalla nascita della scrittrice, avvenuto in questi giorni, si rispolvera il lavoro di un’esistenza dedita alle passioni ereditate già durante l’infanzia, che le restituivano in cambio la serenità che la caratterizzava. Tra le iniziative, l’intitolazione di una terrazza a Posillipo e il ritorno in libreria delle sue opere, alcune delle quali prima d’ora quasi irreperibili.