“Dopo Carosello, tutti a nanna”: queste le parole che per vent’anni i nostri genitori si sono sentiti dire dai nostri nonni.
Erano poco meno di settecentomila gli Italiani che dal 3 febbraio 1957 si riunivano con tutta la famiglia alle ore 20:50 davanti al televisore, in un’epoca in cui ancora non esisteva il telecomando per poter scegliere il proprio canale preferito, ma si aspettava questo teatrino che, in bianco e nero, proponeva circa due minuti di varietà, sul “Programma nazionale”.
Cantanti, attori, ballerini… Tutti presenti, a turno, ogni sera, per intrattenere grandi e piccini prima di un breve esperimento pubblicitario che vedeva protagonisti come Calimero, Carmencita, Caballero testimonial della Lavazza e l’omino coi baffi per la caffettiera Bialetti.
La Sacis (società di produzione e censore della Rai) approvava o disapprovava i contenuti prima che andassero in onda; ciononostante, spesso il Carosello era bollato come trasmissione diseducativa.
Il nome deriva probabilmente dall’omonimo film musicale napoletano, come anche di derivazione partenopea il teatrino, disegnato su un bozzetto di Gianni Polidori. La sigla, di Luciano Emmer, era seguita da un rullo di tamburi e da una tipica tarantella.
La nostalgia di questo sketch, morto nel ’77 con l’ultimo saluto affidato a Raffaella Carrà, ha portato nel 2013 ad un’edizione del Carosello “reloaded”, che tuttavia sembra non riuscire più a soddisfare le attese delle nuove generazioni nè a restituire la magia di quei secondi prima di andare a letto.