Ricorre oggi il 70esimo anniversario del Decreto Bonomi, legge che ha sancito l’estensione del voto alle donne nel nostro Paese.
Ma la lotta per quello che è uno dei diritti fondamentali del cittadino è stata, in Italia, molto lunga e decisamente fiacca.
Infatti, mentre negli altri Paesi le suffragette hanno costituito un movimento importante, da noi è stato un fenomeno non particolarmente degno di nota -eccezion fatta per lo straordinario impegno di Anna Maria Mozzoni, attivista, scrittrice, intellettuale che dichiarò sul finire dell’Ottocento “La donna afferma il suo diritto al voto perché è una persona libera, completa, fine a se stessa, al par dell’uomo”
E’ solo nel 1944, e solo grazie a un’iniziativa del Partito Comunista che venne fondata l’Unione Donne Italiane, macro organizzazione volta a rendere unitaria la campagna per il conseguimento del diritto di voto. L’associazione però tendeva troppo verso sinistra, e così le donne cattoliche diedero vita al Centro Italiano Femminile, di stampo cristiano.
Furono proprio UDI e CIF ad incaricare Laura Lombardo Radice della redazione dell’opuscolo “Le donne italiane hanno diritto al voto”. Il Comitato Pro Voto sottopose la proposta del suffragio femminile al Governo di Liberazione Nazionale: i politici, ormai consapevoli dell’inevitabilità del fatto, fecero a gara per accaparrarsi il merito. La questione fu poi esaminata con scarsa attenzione il 30 gennaio del 1945: divenne legge senza includere l’elettorato passivo -per il quale bisognerà aspettare ancora un anno.
Un femminismo, quindi, essenzialmente voluto e guidato dagli uomini: come d’altronde -ancora oggi- è il Paese.
In questa data più che mai viene da chiedersi: com’è cambiata la condizione femminile da allora? C’è stata un’evoluzione o piuttosto un’involuzione?
Cerchiamo di capirlo dati alla mano.
Si stima che in Italia venga uccisa una donna ogni due giorni: una problematica così estesa che è stato necessario creare un termine apposito, femminicidio.
4.800 le donne vittime di stupro in un anno- naturalmente, sono solo quelli denunciati.
247mila le donne che al momento dell’assunzione si sono sentite dire “Inizi domani, se vieni a letto con me”
488mila le donne che invece si sono sentite dire “Se vuoi tenerti il lavoro, devi fare sesso con me”
52% le donne vittime di mobbing (persecuzioni) sul posto di lavoro
5.5% è invece quanto le donne guadagnano in meno dei loro colleghi a parità di mansioni
Naturalmente questa percentuale è viziata dallo scarso numero di donne lavoratrici: solo il 47% delle donne italiane risulta occupata.
Senza contare che le donne “emancipate” qui fanno i conti con l’eredità lasciata da un maschilismo secolare: oltre al lavoro fuori casa, l’italiana media svolge 36 ore di mansioni domestiche contro le 14 degli uomini. 22 ore di differenza ingiustificate ed ingiustificabili.
D’altronde è impensabile un’evoluzione femminile senza una contemporanea evoluzione maschile: l’uomo deve liberarsi dagli stereotipi del passato per porsi in una posizione di sostanziale eguaglianza con la donna senza per questo sentirsi o essere giudicato debole. Bisognerebbe anche smettere di guardare con diffidenza le diversità tra i generi: solo così la donna potrà affermarsi senza doversi mascolinizzare, ma rimanendo donna.
La prima volta che le donne andarono a votare, il Corriere della Sera titolò un articolo “Senza rossetto nella cabina elettorale” (la motivazione era, ovviamente, pratica: il rossetto poteva lasciare segni sulla scheda elettorale che sarebbe così risultata nulla). Era il 1946. Ma adesso che le donne hanno imparato ad usare una scheda elettorale, e hanno imparato a farsi valere in un mondo per loro ostico, possono tranquillamente rimettere il rossetto.