“Quando un napoletano è felice per qualche ragione, invece di pagare un solo caffè, quello che berrebbe lui, ne paga due, uno per sé e uno per il cliente che viene dopo. È come offrire un caffè al resto del mondo …”
Così il celebre scrittore napoletano Luciano De Crescenzo nel suo libro “Il Caffè Sospeso. Saggezza quotidiana in piccoli sorsi” (2008) racconta un’antichissima tradizione napoletana, quella appunto del “caffè sospeso”.
Un gesto che non stava a simboleggiare solo la generosità che contraddistingue il popolo napoletano, ma una vera e propria filosofia di vita: un caffè regalato al prossimo significava un sorriso ricevuto senza aspettarsi nulla in cambio, un gesto disinteressato dispensato solo per la gioia di regalare ad uno sconosciuto un piccolo istante di felicità, quella insita anche nelle cose più semplici.
A dispetto della crisi, qualcuno ha scelto d’ispirarsi al caffè sospeso per credere ed “investire” nella bontà del prossimo: questo “qualcuno” è Mason, che oltreoceano, stanco del suo lavoro in finanza, ha deciso di aprire una pizzeria, il Rosa’s Fresh Pizza, a Philadelphia. Lì vende un trancio di pizza al modico prezzo di un dollaro, in modo da agevolare chi voglia contribuire al “sospeso”.
Per rendere ancora più efficace questa strategia – com’è stata giudicata da alcuni – ogni persona che acquista una pizza da destinare al “sospeso”, scrive il proprio nome su un post-it attaccandolo su una grande parete del negozio, così che, chi ne ha bisogno, possa prenderlo e presentarlo alla cassa, come una sorta di buono pasto.
Una traduzione così antica, quindi, monta le pinne o le ali, per giungere nel “nuovo continente” e riproporsi in chiave moderna, senza svestirsi, però, di quella semplicità che l’ha resa tanto celebre quanto affascinante.
Giulia Caramiello