L’acqua zurfegna è anche detta “di mummare” perché così si chiamavano le caratteristiche anfore di creta a due manici utilizzate nel passato per trasportare l’acqua ai vari banchi sparsi per la città, senza alterarne le proprietà.
Nasce dalle sorgenti del monte Echia, raggiunge il pozzo artesiano che si trova nel Palazzo Reale (realizzato nel 1850 circa dall’ingegnere Cangiano per volere di Ferdinando II) e arriva al numero civico 50 di via Chiatamone, dove oggi si trova una lapide in cui è scritto che una volta quell’acqua era fruibile liberamente.
Analisi chimiche e batteriologiche effettuate su quest’acqua dal sapore ferroso riportano la provenienza vulcanica (acqua minerale naturalmente gassata), la composizione bicarbonato-alcalino-ferruginosa e la vedono microbatteriologicamente pura. Il consumo da parte di soggetti con alcune forme di anemia con basso valore globulare e carenza di ferro può favorirne la guarigione, mentre è sconsigliato nelle forme infiammatorie, negli stati febbrili, di tubercolosi, cardiopatia, ipertensione, tumore, grave stato di deperimento.
In estate venivano allestite delle “banche d’acqua” in cui era servita fredda, liscia o con aggiunta di spremute d’arancia, limone e un pizzico di bicarbonato di sodio; il venditore, detto “acquaiolo”, per attirare l’attenzione dei passanti faceva rumore con lo spremiagrumi in ferro forgiato ed esclamava in dialetto napoletano:
“Venite ‘a rinfrescarvi
tengo l’acqua do’ Chiatamone,
c’arance e limoni ‘e Surriento;
chest’ è acqua ‘e paradiso, è acqua ‘e mummera;
‘na veppet’ è chest’ acqua te cunzola;
vih! che freschezza”.
Anche l’ultimo re borbone in esilio a Parigi, Franceschiello, chiese un ricordo della sua Napoli e ricevette una scultura in argento fuso di Vincenzo Gemito raffigurante uno scugnizzo con in braccio la classica “mummara” e con in mano la “mummarella”. Questa statua oggi è esposta nella Galleria nazionale d’arte moderna.
Nel 1973 l’epidemia di colera portò come conseguenza la chiusura della fonte per evitare contaminazioni, e in segreto vi si eresse un palazzo per poter avere il “monopolio” di quell’acqua. Nel 2000 finalmente si è organizzata una cerimonia per la riapertura di quattro fontane presso il Maschio Angioino.