Napoli si lascia alle spalle una notte animata da sentimenti di feroce rivalsa ed intransigente vendetta.
Ancora sangue sarebbe grondato dai sommessi e truculenti vicoli del Rione Sanità se non fosse sopraggiunto il provvidenziale intervento delle forze dell’ordine.
Un agguato per vendicare la morte di Ciro Esposito, il 22enne freddato lo scorso 7 gennaio: questo l’intento che avrebbero dovuto perseguire le pistole di Biagio D’Alterio, pluripregiudicato di 48 anni e di Antonio Di Giovanni, di 21, arrestati dalla polizia in vico Santa Maria degli Angeli alle Croci. Erano trascorse da poco le 22 quando i due uomini sono stati bloccati e ammanettati dai poliziotti del commissariato San Carlo all’Arena. Probabilmente, stando alla pista che stanno seguendo gli investigatori, i due stavano preparando un agguato contro i sicari di Ciro Esposito: 22 anni, precedenti per droga, un figlio di un anno e un cognome pesante, il padre Piero, detto Pierino, infatti, è uno dei nuovi boss del Rione Sanità e di Dora Spina, altra conoscenza degli archivi di polizia giudiziaria. Pierino era stato scarcerato da poco, era tornato nel suo quartiere dove la sua presenza non era passata inosservata.
Un agguato camorristico per ammazzare il figlio del boss o comunque un soggetto ritenuto tra i nomi di spessore nell’intreccio delle attività camorristiche del centro storico: queste le motivazioni alla base della morte di Ciro.
Classe 1993, precedenti di polizia per fatti di droga, Ciro Esposito non ha avuto scampo. È finito al centro di una pioggia di colpi, secondo quanto è stato possibile verificare alle forze di polizia: nove bossoli nei pressi dell’ascensore della Sanità (che tiene collegata la parte bassa del quartiere con il ponte che conduce verso Capodimonte). Centrato e ucciso, anche se la giovane vittima non è morta sul posto, ma al Vecchio Pellegrini, dove il corpo trucidato è spirato, al termine di una inutile corsa in ospedale.
Al rione Sanità, droga e racket sono al centro di uno scontro strisciante tra vecchie e nuove famiglie del crimine organizzato.
Trovati in possesso di due pistole, i due uomini tratti in arresto per concorso in porto d’armi clandestine, munizioni d’arma da sparo, ricettazione e minacce gravi, D’Alterio e Di Giovanni, sono stati notati dagli agenti che stavano eseguendo proprio controlli tra il Rione Sanità e i Miracoli, dopo l’uccisione di Esposito.
I due sono legati, difatti, al clan dei cosiddetti mianesi, che comprende le famiglie Esposito, Mauro e Sequino, in guerra con i Sibillo-Giuliano-Brunetti di Forcella.