Non è certo un mistero che Napoli vanti un patrimonio paesaggistico e artistico di straordinaria bellezza e prestigio.
Certo probabilmente l’incuria e il disinteresse locale solleverebbero numerose questioni sul merito di cotanto splendore, eppure non possiamo che essere eternamente grati agli uomini che, negli anni, hanno provveduto alla ricerca, raccolta e cura dei beni di inestimabile valore artistico di cui la nostra città è ricca.
Tra questi, Gaetano Filangieri, principe di Satriano, fondatore dell’omonimo museo civico sito nel quattrocentesco palazzo Como, in via Duomo. All’epoca del palazzo, costruito tra il 1464 ed il 1490 da Angelo Como, ispiratosi chiaramente al Rinascimento fiorentino, non restava nient’altro che la facciata in bugnato e i muri laterali. Quando la proposta del principe di istituire un museo civico fu accolta con vivo interesse, nel 1883, cominciarono i lavori di riedificazione e ripristino della costruzione, da lui completamente finanziati. I lavori terminarono nel 1888 e il museo, inaugurato e aperto al pubblico l’8 novembre di quello stesso anno, divenne la dimora delle numerose e pregiate collezioni private d’arte e numismatica, la biblioteca e l’archivio del principe, fino ad allora conservate in casa Filangieri. Sempre in quell’anno, lo stesso principe Gaetano redasse di suo pugno un catalogo dei beni, allo scopo di facilitare la visita di quello che doveva essere il Museo della Città.
All’interno del museo una vasta gamma di armi, armature, vetri, maioliche e fini porcellane, medaglie, busti di marmo, terracotta, bronzo e un’ampia pinacoteca in cui sono esposti dipinti di illustri interpreti del barocco napoletano, tra cui Ribera, Vaccaro e Giordano. Di straordinario impatto visivo è la biblioteca del principe che si affaccia sulla sontuosa Sala Agata, di cui in foto, e che ospita circa 15.000 libri, pergamene, manoscritti risalenti al periodo tra il XIII e il XIX secolo, i carteggi di Gaetano Filangieri Senior e Benjamin Franklin.
Alcune pitture, sculture, porcellane e miniature andarono distrutte nel 1943 da un incendio appiccato dai tedeschi a Villa Montesano di San Paolo Bel Sito, dove i pezzi di maggior prestigio della collezione erano stati spostati a causa della guerra, assieme ai documenti più preziosi dell’Archivio di Stato di Napoli. Solo quaranta dipinti e una cassa di armi antiche fecero ritorno al museo. Successive donazioni permisero la ricostruzione e riorganizzazione delle collezioni e il museo poté riaprire cinque anni più tardi.
Dopo circa 13 anni di inattività, il 22 maggio 2012 il museo viene restituito alla città di Napoli e oggi fa da sfondo ad una vasta serie di eventi. Nel 2013 nasce l’Associazione Salviamo il Museo Filangieri ONLUS, che ne promuove la conoscenza e le iniziative.
Una sezione distaccata della mostra è ubicata al Parco Grifeo, nella Villa Livia. La villa, in onore di Livia Serra, duchessa di Cardinale, pronipote del principe Filangieri e sposa del dottor Domenico de Luca Montalto, fu donata con tutti i suoi arredi nel 1960 proprio da quest’ultimo e oggi ospita il Centro Internazionale di Studi Numismatici, inaugurato nel 1975. La coppia, in assenza di eredi, decise di lasciare la villa al museo Filangieri, probabilmente per il legame di parentela tra la duchessa e il principe, tuttavia a monte delle due sezioni non vi sono gli spessi principi ispiratori o legami cronologici delle collezioni. I coniugi di Villa Livia vincolarono imprescindibilmente nel loro testamento il patrimonio della residenza al suo arredo originario, con la chiara intenzione di dar vita ad una Casa museo, più che a un semplice spazio espositivo, seppur il solo stile liberty dell’esterno della villa e gli interni completamente rifatti negli anni ’50 del secolo scorso siano essi stessi capolavori degni di nota.