Il papà di Facebook, Mark Zuckerberg, il fondatore del social network più diffuso e cliccato al mondo, ha diffuso quest’oggi, – proprio attraverso il social da lui generato – un messaggio di solidarietà per le vittime dell’attentato parigino, difendendo anche la libertà della sua “creatura”.
“Qualche anno fa un estremista pachistano si è battuto per farmi condannare a morte perché Facebook si rifiutava di bannare in contenuti su Maometto che lo offendevano. Noi rimaniamo sulla nostra posizione perché voci differenti, anche se a volte offensive, possono rendere il mondo un posto migliore e più interessante. Facebook è sempre stato un posto in cui le persone di tutto il mondo possono esprimere le loro opinioni. Seguiamo le leggi di ogni Paese ma non permettiamo che una nazione o un gruppo di persone ci dettino le regole su cosa si può condividere. Parlare del Profeta Maometto non è contrario alla nostra politica. Abbiamo bloccato i contenuti (offensivi, ndr) in Pakistan dove è illegale (parlare male di Maometto, ndr), ma non li bloccheremo nel resto del mondo dove è legale. Riflettendo sulla mia esperienza con l’estremismo penso che questo sia ciò a cui ci dobbiamo opporre: un gruppo di estremisti che cercano di silenziare le voci e le opinioni degli altri nel mondo. Non lascerò che questo accada a Facebook. Il mio impegno è per un servizio dove poter parlare liberamente senza paura della violenza”. Il post si conclude con un pensiero per le vittime e le persone che “decidono di esprimere le proprie idee anche quando ci vuole coraggio per farlo. #JeSuisCharlie”.
Questo il messaggio pubblicato da Zuckerberg e che nel giro di poche ore ha macinato innumerevoli like e condivisioni, ma soprattutto l’ira e il dissenso di coloro che contestano le buone intenzioni insite in quelle parole.
In molti contestano il fatto che che un commento potenzialmente offensivo per la religione sia tollerato, mentre vengono bannate le immagini che ritraggono una donna che allatta al seno; altri chiedono perché le persone uccise in Siria, Palestina, Afghanistan e Iraq o gli oltre 140 ragazzi uccisi in Pakistan a dicembre non abbiano ricevuto il medesimo solidale da parte di Mr Zuckerberg.
La classica polemica in perfetto “stile facebook”, per intenderci.