La Germania ha cambiato idea. Sulla ridefinizione dei tassi di interesse? Sulla gestione dello Spread? Forse sulla ridiscussione dei trattati economici europei? Certo che no. Quello che intendiamo dire è che Angela Merkel, a seguito di un’acuta osservazione con i ministri finanzieri tedeschi, ha appurato che la Grecia potrebbe effettivamente uscire dall’euro, senza conseguenze troppo disastrose per l’Unione e per la Germania stessa. Così, su due piedi. Aggiungi dodici, riporta di tre e il risultato è che in fondo ‘sti greci possono anche andarsene per quanto li riguarda.
E’ matematica. E’ economia. E’ politica? Forse. Sicuramente sono politiche economiche, su questo non ci piove. Ma si può definire l’idea di Unione Europea, di collettività, semplicemente attraverso una serie di complessi parametri finanziari? Si può autenticare l’appartenenza e l’identità dei popoli, sentenziando “tu sei fuori, tu sei dentro” in base alle loro condizioni economiche nazionali? Si può costruire un’Europa senza chi l’Europa l’ha generata culturalmente, ovvero la Grecia? (per non parlare dell’Italia, anche se lì fortunatamente il discorso è ancora in ballo). A quanto pare si. A quanto pare la strada tracciata all’inizio del percorso europeo ha deviato e non di poco (oppure è sempre stata questa e sarebbe ora il momento di fare una deviazione?).
E’ un momento davvero difficile, politicamente ed economicamente parlando. Nonostante il mondo di oggi cambi sempre più velocemente, c’è qualcosa che la Storia può ancora insegnarci: nei momenti di crisi ecco che si rialzano dogane e barriere, ecco che insorge il sentimento nazionalista, lo si è visto ad esempio con l’accordo UKIP-M5S nel Parlamento Europeo, e talvolta emergono anche quelli marcatamente di stampo fascistoide: Le Front National in Francia, Alba Dorada in Grecia, NPD in Germania. E a proposito di Germania: negli anni ’20 i mostri della crisi tedesca e l’indifferenza degli altri paesi, usciti vincitori dalla guerra, generarono mostruosità ben peggiori: Adolf Hitler, il nazifascismo, lo sterminio di milioni di persone e la più grande guerra che l’umanità avesse mai subìto. Per questa ragione dopo tutto ciò si decise di non far ripercorrere ai tedeschi la stessa strada verso la fame e la miseria, onde evitare veleni ancora peggiori di quelli che si erano appena visti: alla Conferenza di Londra del 1953 ben ventuno paesi firmarono per il dimezzamento del debito tedesco, compresa l’Italia all’epoca guidata da Alcide De Gasperi, uno dei padri fondatori del concetto “Europa”.
Ma Merkel&co. probabilmente non si fanno prendere da nostalgici sentimentalismi e hanno optato per una cura palesemente fallimentare di “austerity”, termine chic per indicare una moderna forma di schiavitù, di pareggi di bilancio eccetera. Sulla Grecia, comunque, hanno fatto male i conti: nonostante sia il paese europeo più dilaniato dalla crisi, con elevatissimi tassi di disoccupazione e povertà, le ultime elezioni politiche furono vinte da Syryza, partito di sinistra capitanato da Alexis Tsipras, il quale è diventato presto il punto di riferimento per una gran parte delle sinistre Europee. Un leader politico che così spesso parla di “altra Europa” è molto difficile decida di abbandonare l’unione monetaria, specie se il risultato elettorale si ripeterà nelle elezioni del 25 gennaio. Le vie per la salvezza materiale dei popoli, comunque, non paiono essere troppe: o si torna alla vecchia mentalità dei paesi-nazione, con confini netti, senza un ente superiore che regoli i rapporti tra essi e con tutte le conseguenze che ciò comporta, oppure si ricerca la vera comunità europea, in cui nonostante le differenze si riesca ad armonizzare le economie e le culture, quello che l’attuale Unione, purtroppo, non è stata ancora in grado di fare.