2014: l’anno più azzurro di sempre.
“A maggio il Napoli vince la sua quinta Coppa Italia, la seconda della nuova era del ‘Rinascimento’ napoletano, a dicembre il Natale diventa azzurro con la conquista della Supercoppa che torna a casa nostra dopo lunghi 24 anni.
In 6 mesi il Napoli scrive la nuova storia e scandisce un 2014 che resterà nella memoria.
Siamo l’unica squadra italiana ad aver conquistato due trofei nell’anno solare.
Da Roma a Doha, dal solstizio d’estate al solstizio d’inverno. Con un epilogo che rimarrà scolpito nel romanzo dal calcio, una Supercoppa epica, con i Guerrieri di Benitez due volte nella polvere, due volte sull’altare, come l’Ode manzoniana alle gesta di Napoleone. Dal maggio dei Monumenti al dicembre dei Supercampioni. Sei mesi che disegnano presente, passato e futuro nel primo decennio del Rinascimento napoletano, con l’ultimo trionfo titanico. L’Italia unificata sotto un’enorme bandiera azzurra ed un Natale da brividi che è già leggenda…”.
Così il Napoli celebra il Napoli, mediante il sito ufficiale.
A dispetto delle virulente domeniche infervorate da borbottii e polemiche, gli azzurri chiudono il 2014 con il pollice rivolto verso l’alto, o meglio, con due trofei innalzati verso il cielo.
Benitez conferma la sua congenita vocazione di “allenatore da finale” bardando il petto dei napoletani con il vanto e l’orgoglio insiti nel primato.
E sulle ali dell’entusiasmo, auspicare che l’anno che sta per giungere possa farsi parimenti portatore di nuovi ed emozionanti conquiste, diventa perfino lecito, soprattutto perché questa storia, a base di amore e calcio, è ambientata all’ombra del Vesuvio, lì dove sognare è lecito e di speranza si vive.
Un anno che, tuttavia, si chiude con una luttuosa fascia stretta intorno al petto, perché alla gioia del primato si miscela la tristezza della “prima volta” più triste di tutti i tempi: la morte di un cuore azzurro, assassinato perché anche nei suoi occhi ardeva l’unico desiderio di vedere quella Coppa tra le mani di Capitan Hamsik e gioire.
Gioire, non morire.
Un anno, quello azzurro, che cinicamente sintetizza il senso della vita: gioie immense, dolori immensi, tra i quali scorrono dribbling, salite, discese, corner, scorciatoie, vicoli ciechi, calci di rigore, entrate a gamba tesa, falli da tergo, campi impraticabili, erba sintetica, campi minati, praterie, il cielo. Quel cielo che ha saputo plasmarsi in una comoda ed accogliente gradinata per accogliere il nostro eterno angelo azzurro.