La storia della famiglia Di Biasi, considerata il braccio destro del clan dei Giuliano nei quartieri spagnoli, vive negli anni ’80 il suo periodo di maggiore voga.
Tuttavia, il loro predominio nel quartiere è stato sempre in bilico e minacciato dal clan Russo.
Nel 1999 il capoclan, Domenico Russo, detto “Mimì dei cani”, storico riciclatore di Rolex rubati, fu freddato per aver osato mettersi in proprio nel commercio di droga, mal protetto dalle sue amicizie con i boss dell’Alleanza di Secondigliano.
La morte di “Mimì dei cani” fu vendicata con l’assassinio del padre dei fratelli Di Biasi, Francesco, dopo appena tre mesi.
Nel 2000, l’ennesimo “botta e risposta” infervora il regolamento di conti in corso: Antonio Di Biasi, soprannominato Pavesino da una parte, e Maurizio Russo, dall’altra.
Nel luglio 2008, tuttavia, è stata la legge ad infliggere il colpo più duro al clan.
Infatti, sono finiti dietro le sbarre: Luigi Di Biasi, suo fratello Renato, Sergio Parmiggiano, Ciro Saporito, Luciano Boccia, Ciro Piccirillo, Massimiliano Artuso, Giuseppe e Salvatore Scala.
Per tutti scattò l’accusa di associazione per delinquere di stampo camorristico mentre in 7 rispondono di omicidio: Mario Di Biasi, Massimiliano Artuso, Luciano Boccia, Luigi Cangiano, Sergio Parmiggiano e Ciro Saporito (questi ultimi due imputati anche nel processo di primo grado sul ‘voto inquinato’ delle elezioni amministrative della primavera del 2006) e Vincenzo Gallozzi (scarcerato ad agosto per indulto, detto “’o figlio do’ musichiere”, nel frattempo pentitosi).
L’unico ad uscire pulito dal processo è stato Salvatore Di Biasi, le accuse contro di lui si sono rivelate infondate.
Quest’oggi, si riapre il sipario sugli intrecci camorristici legati alla famiglia Di Biasi.
Una ballerina in un night napoletano e il suo convivente sono stati denunciati per calunnia, riportando alla luce nuovi verbali che scardinano il contenuto di una sentenza che tiene in cella due imputati condannati per omicidio.
Si tratta di nuovi elementi emersi in relazione all’omicidio di Francesco Di Biasi, il cosiddetto «patriarca» della famiglia dei «faiano», ucciso nel ’99 ai Quartieri.
Un caso che sembrava chiuso, alla luce della sentenza definitiva che condanna a 20 anni di reclusione i due cugini omonimi Umberto Di Meglio.
Centrale, nell’inchiesta che porterà agli arresti dei Di Meglio, la testimonianza di una donna tunisina legata sentimentalmente a un parente della famiglia Di Biasi che, pentita, rivela: «Ad uccidere il boss dei Quartieri Spagnoli è stato mio figlio».