Alberto Stasi: è lui il colpevole dell’omicidio di Chiara Poggi.
I giudici della corte d’Assise d’Appello di Milano, dopo sette ore di camera di consiglio, hanno condannato a 16 anni di carcere l’ex studente della Bocconi, proprio per aver ucciso la fidanzata Chiara Poggi, 26 anni, trovata senza vita in un lago di sangue, il 13 agosto 2007, nella sua casa di Garlasco (Pavia).
Le parole di Stasi, prima della sentenza, rivolgendosi alla Corte in mattinata, sono state le seguenti: “Non cercate a tutti i costi un colpevole condannando un innocente“.
A nulla solo valse queste parole, per i giudici, il colpevole era in aula.
Ad Alberto Stasi non è stata riconosciuta l’aggravante della crudeltà che era stata contestata dal sostituto procuratore che aveva richiesto una pena di ben 30 anni.
Oltre a scontare questa pena, egli dovrà risarcire i parenti di Chiara Poggi per un milione di euro complessivi, la corte ha infatti stabilito che dovrà versare 350mila euro ciascuno al padre e alla madre della vittima e 300mila euro al fratello.
I familiari di Chiara, con la voce rotta dall’emozione lasciano trapelare alcune dichiarazioni: “Finalmente verità per Chiara” – è stato il primo commento della signora Rita. – Siamo soddisfatti – ha aggiunto la donna – non abbiamo mai mollato“.
Poche parole anche dal signor Giuseppe: “Chiara – ha detto – ormai è diventata una figlia anche per i nostri legali, che ringrazio. Non dico di più altrimenti mi commuovo“.
Gian Luigi Tizzoni, l’avvocato di parte civile che, in tutti questi anni, ha rappresentato la famiglia Poggi, invece, ha dichiarato: “Per noi, questa è stata un’incredibile esperienza umana. Volevamo verità per Chiara, finalmente oggi abbiamo avuto risposta“.
Per quanto riguarda l’accusato, Alberto Stasi, è rimasto impietrito e ha lasciato velocemente il Palazzo di Giustizia accompagnato dai suoi legali. “Sono sconvolto“, ha detto a chi gli stava vicino in quel momento.
Ricostruzione dei fatti.
13 agosto 2007, Chiara Poggi viene aggredita vicino alla porta di ingresso, poi trascinata e gettata lungo le scale che portano al seminterrato. Alberto Stasi trova il corpo di Chiara in una pozza di sangue.
Il 20 agosto la Procura di Vigevano lo indaga per omicidio volontario. Pochi giorni dopo il pm Rosa Muscio ordina il fermo: secondo gli investigatori, la prova che lo inchioderebbe, sarebbe il dna della vittima sui pedali della bicicletta in sella alla quale Alberto sarebbe fuggito.
Il 28 settembre il gip Giulia Pravon dispone la scarcerazione. La Cassazione in quel periodo dispone un nuovo processo di secondo grado sottolineando la necessità di una “valutazione complessiva e unitaria degli elementi acquisiti“, proprio la rilettura degli indizi ha confermato un idea in certezza.
Gli elementi che hanno incastrato il giovane ragazzo sono: la “camminata virtuale” di Alberto, i test effettuati sui tappetini della sua Golf nera usata, gli accertamenti realizzati su una fotografia del cadavere di Chiara scattata nelle ore immediatamente successive al delitto. Tutti elementi che conducono a una sola persona, Alberto Stasi.
Dopo ben sette anni, giustizia è stata fatta.