Andy Warhol, Joseph Beuys, Keith Haring, Robert Rauschenberg, sembrano personalità irraggiungibili nel tempo e nello spazio, e non alla nostra portata. Eppure c’è stato un ventennio, in cui Napoli ha accolto e fomentato la crescita di questi mostri sacri dell’arte contemporanea, giunti in città perché legati alla persona geniale e intuitiva di Lucio Amelio. Nato nel 1931 in via dei Tribunali, Lucio Amelio è stato il più grande gallerista e mercante d’arte italiano di fama internazionale, nonostante il successo non abbandonò mai la sua città, anzi la scosse. Roberto Ciuni in merito ha scritto: «Amelio seppe ricoprire sia il ruolo di mercante avventuroso, sia il ruolo di animatore…Remando controcorrente in maniera spericolata, vinse la scommessa, all’apparenza impossibile, di risollevare l’immagine culturale di Napoli. Nell’ottobre del 1965 aprì la sua prima galleria la Modern Art Agency al Parco Margherita (nell’appartamento in cui viveva) dove dava spazio a nuovi talenti rinunciando a un’arte commerciale in favore dell’arte povera e della transavanguardia ,le cui opere spesso non erano neppure in vendita. L’ascesa fu repentina, nel 1969 la galleria traslocò in Piazza dei Martiri 58 .Nel decennale della fondazione della sua galleria Amelio tramutò il nome da Modern Art Agency in Galleria Lucio Amelio, l’affermazione internazionale era ormai indiscutibile e la galleria rappresentava sempre più un luogo d’avanguardia. Lucio Amelio nell’aprile del 1980 riuscì a far incontrare Joseph Beuys e Andy Warhol, i rappresentanti per antonomasia di due culture, quell’europea e quell’americana, che fino ad allora avevano evitato di confrontarsi; Piazza dei Martiri si paralizzò, vi giunsero quasi cinquemila persone.
Dopo il terremoto del 1980 Amelio visitò i luoghi della tragedia e invitò amici artisti a creare opere ispirate alla tragedia, nacque così la collezione Terrae Motus. Nino Longobardi fece da apripista, ma nel corso di un decennio Amelio riuscì a coinvolgere più di 60 artisti da Beuys a Warhol, a Keith Haring a Miquel Barcelò. Il gallerista napoletano dichiarò che la collezione voleva essere una “macchina per creare un terremoto continuo”, un terremoto dell’anima che non doveva cessare mai di evolversi. La prima esposizione della collezione ebbe luogo a Boston nel 1983, seguita subito da Ercolano a Villa Campolieto, per arrivare nel 1987 al Grand Palais di Parigi con 65 opere.Lucio Amelio è morto prematuramente nel 1994, la sua collezione Terrae motus dal 1992 è visibile alla Reggia di Caserta. Nel ventennale della morte di Amelio la collezione Terrae Motus è in mostra al Museo Madre fino a marzo 2015, in quella che molti vorrebbero come sede congeniale per un’esposizione permanente del gallerista,nella sua Napoli,nel museo che celebra l’arte contemporanea mondiale. La mostra, che si concentra sugli anni dal 1965 al 1982, presenta opere fondamentali di più di cinquanta artisti, risultato di una meticolosa ricerca d’archivio sulle mostre organizzate da Amelio, insieme a un corredo documentario costituito da una selezione di più di cinquecento documenti storici provenienti dall’Archivio Amelio : lettere autografe, progetti di mostre e schizzi di allestimento, fotografie, inviti, manifesti, libri, cataloghi, progetti architettonici ed ingegneristici. Nelle prime sale è documentata la ricerca sui rapporti fra astrazione e figurazione alla fine degli anni Sessanta con opere di Renato Barisani, Lucio Fontana. Seguono le sale dedicate agli artisti dell’Arte Povera, in cui sono presentate opere fondamentali, fra gli altri, di Pierpaolo Calzolari.La seconda parte del percorso espositivo si articola fra opere cardine di artisti quali Francesco Clemente, Mimmo Paladino, Nino Longobardi,Ernesto Tatafiore. Chiude il percorso espositivo al terzo piano una selezione di opere fotografiche e multimediali. Da questa mostra emerge chiaramente che l’etichetta di “gallerista d’arte” è oggettivamente stretta per Lucio Amelio che ha vissuto per l’arte e che è stato artista egli stesso. Da attore sono da ricordare i suoi lavori teatrali e cinematografici, ha partecipato infatti ad alcuni film di Lina Wertmuller tra cui “Pasqualino Settebellezze”,famose anche alcune raccolte di foto scattate durante i suoi viaggi e alcuni brani incisi in veste di cantante.