Una volta tanto il trip delle droghe per raggiungere i luoghi di spaccio non ha visto la propria meta: è stato interrotto la scorsa notte durante un controllo stradale di routine sull’Asse Maggiore, quando gli agenti si sarebbero insospettiti dell’atteggiamento guardingo del 33enne Giuseppe Conte, conducente di un tir che trasportava un carico di funghi. Tra la merce apparentemente innocua (stavolta i funghetti non hanno colpe) sono infatti stati scoperti ben 20 kilogrammi di “Amnesia”, una droga semi-sintetica di recente fattura ma che ha subito finito per essere “di moda” qui a Napoli.
Occorre fare un po’ di chiarezza, specialmente nel confuso panorama italiano in cui si ha difficoltà anche a distinguere tra droghe leggere e pesanti. L’amnesia è un particolare tipo di cannabis più intensa che alcuni californiani hanno iniziato a coltivare negli anni ’70 e che ben presto ha iniziato ad invadere i mercati internazionali. Ciò che è stato sequestrato nel caso sopracitato e che purtroppo sta girando viralmente in diverse piazze campane è invece tutt’altro: viene definita anche “droga da stupro” (quel genere di droghe che, si dice, vengono somministrate contro o secondo volontà della persona e che ne faciliterebbero la propensione alle performance sessuali, talvolta traducibili in stupro), si tratterebbe di foglie di marjuana essiccate e trattate con sostanze dagli effetti psicotropi ed assuefanti molto maggiori. Secondo un’inchiesta portata avanti dal giornalista de Il Mattino Paolo Trincia (qui il link http://www.serviziopubblico.it/2014/05/amnesia-la-droga-della-camorra/#), che ha avuto modo di confrontarsi con dei ragazzi consumatori di amnesia e di far esaminare alcune dosi della stessa in un laboratorio d’analisi, solventi come il metadone sarebbero “spruzzati” sulle foglie di Marja riempendole di residui di sostanze stupefacenti molto pericolose.
Come si sarà potuto intuire la scelta di chiamare tale droga “amnesia” non è altro che una brillante quanto spregevole operazione di marketing perpetuata dalla camorra, la quale ha attratto così curiosi ed appassionati a provare l’ultima novità che profuma tanto di States e di “rroba buona”. Nella stessa ottica perversa, essendo quello della droga uno dei più grandi business per la criminalità organizzata napoletana, imbottire una droga leggera tanto consumata come la cannabis di sostanze ancor più assuefanti incide molto positivamente sulle entrate del mercato nero, poiché là dove c’è dipendenza c’è un flusso di denaro difficile da interrompere.
Se come si dice la camorra si genera dove manca lo Stato, mai come in questo caso le politiche assenteiste e proibizionistiche dei nostri governi hanno le loro colpe. Il dibattito è aperto, ha fatto notizia la recente legalizzazione ad uso terapeutico della cannabis negli ospedali in Puglia, il quale potrebbe essere solo il primo step di un percorso appena cominciato. D’altronde lo stesso ragazzo intervistato nel servizio riportato sopra ha affermato che preferirebbe di gran lunga l’erba coltivata e venduta dallo Stato all’insicurezza di trovarne qualità scadenti e dannose attraverso traffici illeciti. E’ pur vero che la “cultura dello spaccio”, de “l’amico che c’ha la roba buona” è più che mai radicata a Napoli come in molte altre città e di certo non scomparirebbe in uno schiocco di dita; ciò non esenta comunque le istituzioni dal cercare nuovi approcci alla questione, combattendo al contempo ignoranza, malavita e la tendenza di giovani e giovanissimi a drogarsi “per moda”.