Un caso che strazia, divide e sconcerta l’Italia.
Non si può e non si vuole credere che quella donna, minuta e apparsa per la prima volta nelle nostre vite con il volto costernato dal dolore, abbia compiuto il più riprovevole e vergognoso crimine di cui possa macchinari una donna, una mamma.
Veronica Panarello, una figura fragile e psicologicamente complessa che gli inquirenti stanno gradualmente e meticolosamente ricostruendo, mettendo insieme tutti i tasselli utili per giungere alla ricostruzione dei fatti avvenuti lo scorso 29 novembre e quindi giungere alla verità: è stata la stessa donna che gli ha donato la vita ad uccidere il piccolo Loris?
Una ricostruzione che affonda le radici nel passato, dal quale emergono due episodi che delineano un equilibrio psicologico precario e complesso.
Veronica, per ben due volte ha tentato di togliersi la vita: nel 2003 bevendo candeggina e nel 2004 cercando di impiccarsi con un tubo di irrigazione nero legato a una trave. L’episodio del 2004, avvenuto dopo un diverbio con il padre, si è concluso con il ricovero nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Ragusa. Ma, sebbene risulti in due verbali dei Carabinieri, lei ha negato l’accaduto sia alla Procura sia al gip sostenendo che era “una storia inventata dalla madre e raccontata” ai militari dell’Arma intervenuti sul posto.
Fin qui, sono quattro i principali elementi che legittimano l’arresto di mamma Veronica con l’accusa di omicidio aggravato e occultamento di cadavere.
Ad incentrare i sospetti sulla donna è principalmente il “pedinamento elettronico”, effettuato dalle telecamere di videosorveglianza pubbliche o private di Santa Croce Camerina che ha attestato in modo obiettivo gli spostamenti di Veronica nel corso di quella tragica mattina, con particolare riferimento al passaggio dell’autovettura a lei in uso in quel frangente, per ben due volte, in estrema prossimità al luogo del successivo rinvenimento del piccolo Loris, in un arco temporale compatibile sia con l’ora del decesso, come determinato in sede di consulenza medico-legale, sia con l’azione di occultamento del corpo esanime.
Secondo la Procura di Ragusa, la versione dei fatti fornita dalla donna è palesemente incompatibile con quanto immortalato dalle telecamere.
Inoltre, la compatibilità del mezzo che ha cagionato la morte, per dimensione e forma, con le fascette stringicavo presenti nell’abitazione della Panarello e consegnate dalla stessa donna, con insensata giustificazione ed anomala tempistica, alle maestre di Loris.
Veronica ha la tendenza a negare anche l’evidenza. E una prova significativa di questo atteggiamento deriva da un’immagine che la riprende alla guida della sua vettura dove è riconosciuta dal marito Davide Stival, in una strada dove aveva detto di non essersi recata. Eppure di fronte a questa contestazione, la donna non fornisce alcuna spiegazione ribadendo di avere seguito il percorso già descritto.
Veronica Panariello, il giorno della scomparsa di Loris, con la sua auto copre un percorso sicuramente diverso da quello seguito nei due giorni precedenti, ricostruito con l’ausilio dei filmati delle telecamere. E in particolare quelle poste non riprendono la vettura della Panarello, quando la donna afferma di essere passata da lì per accompagnare Loris a scuola.
E anche alla luce di queste circostanze – secondo gli inquirenti – si può quindi ragionevolmente affermare che il bambino che si vede nelle immagini rientrare a casa alle 8.30 è proprio Loris.
Inoltre, secondo gli inquirenti, Veronica tace proprio perché colpevole del delitto. Secondo il giudice non è “ragionevole ritenere che di fronte alla tragica situazione di un figlio di 8 anni ucciso in un modo così brutale si rifiuti ostinatamente di raccontare la verità”.
Nell’ordinanza di convalida del fermo e di emissione di ordine di carcerazione il gip fornisce una spiegazione: “La mamma di Loris lo fa in quanto lei stessa è la responsabile del grave delitto”.
Ed, inoltre, secondo quanto si legge ancora nell’ordinanza “la cinica condotta tenuta da Veronica Panarello e la evidente volontà di volere infliggere alla vittima sofferenze con un’azione efferata, rivelatrice di un’indole malvagia e prima del più elementare senso d’umana pietà. Dalla ricostruzione dei fatti, emerge un quadro indiziario di rilevante gravità. La mancanza di elementi per comprendere il movente del gravissimo gesto non assume rilevanza.”
L’emissione dell’ordinanza per la mamma del piccolo Loris è giustificata da un “fondato pericolo di fuga della donna e per l’estrema gravità del reato. Veronica Panariello ha avuto il tempo e l’occasione per uccidere il figlio strangolandolo, presumibilmente, con una fascetta stringicavo in plastica della quale aveva disponibilità. Poi ha avuto tempo e occasione per gettare il corpo esamine del piccolo Loris nel canale di scolo dove è stato trovato nel pomeriggio del 29 novembre scorso.”
Infine, la convalida del fermo, viene legittimata anche dal pericolo che commettere gravi delitti della stessa specie.
Intanto, dalla cella dalla quale è rinchiusa, la donna professa la sua innocenza: “Sono innocente, non ho ucciso Loris. Sono sotto attacco mediatico e anche la famiglia non mi crede. Ai miei cari dico: non mi abbandonate”.
La donna ha anche manifestato il desiderio di partecipare ai funerali del piccolo.
Veronica Panarello rivela di “non avere ricambi d’abito” e di essere “stata aiutata dalla solidarietà delle altre detenute”.
A riferire queste informazioni è stato l’avvocato Francesco Villardita che stamane si è recato nel carcere di piazza Lanza, a Catania, dove ha incontrato la sua assistita.
Veronica Panarello ha pianto dopo avere appreso la decisione del gip di lasciarla in carcere per l’omicidio del figlio Loris. Ma, poi, «con lucidità ha letto l’ordinanza ribadendo, coerentemente la stessa versione data: ha portato il figlio a scuola, ed è innocente». Ha «contestato che la vettura che si vede passare vicino al Mulino Vecchio non è la sua, ma soltanto un’auto compatibile con la Polo», ha detto il legale.
Oggi, intanto, la Polizia scientifica ha compiuto un sopralluogo e rilievi nella casa della famiglia Stival a Santa Croce Camerina, alla ricerca di altri elementi potenzialmente utili per le indagini.