Per la seconda notte di fila, migliaia di persone sono scese in piazza per manifestare contro il razzismo e i metodi violenti della polizia.
Il corteo di manifestati è sceso in piazza per ricordare l’afroamericano Eric Garner, un venditore di sigarette di contrabbando morto soffocato.
È bastato un braccio intorno al collo per immobilizzarlo ma durante l’ arresto Eric ha ripetuto più volte che non riusciva a respirare, l’ agente convinto che il ragazzo fingesse non ha ascoltato le sue parole e la conseguenza è stata il decesso del giovane.
Ancora una volta, la giustizia non ha ritenuto colpevole l’ agente e lo rende incriminabile.
Le parole di Barack Obama a riguardo sono state le seguenti : “Siamo di fronte ad una questione che riguarda tutta l’America. In questo Paese, fino a quando non saranno tutti uguali di fronte alla legge, questo resterà un problema. E il mio compito come presidente è risolverlo”.
Risulta fin troppo facile, al cospetto di una simile notizia, sorprendere la mente a ricondurci sulle tristi note di una vicenda analoga che ci riguarda molto più a vicino e che ha un nome ben preciso: Stefano Cucchi. Entra in carcere nel 2009, l’anno in cui ha inizio il lungo calvario. Il suo decesso è avvenuto per malnutrizione e pestaggi da parte delle guardie carcerarie.
Tutt’ora la famiglia lotta per chiedere giustizia. A maggior ragione, al cospetto di una sentenza che scagiona il personale medico e i rappresentanti delle forze dell’ordine accusati dell’omicidio del trentenne romano.
Gli Italiani, invece, si dimostrano incapaci di scendere in piazza e manifestare contro questa violenza. Contro il razzismo.
“Mio figlio è morto dentro quattro mura dello Stato che doveva proteggerlo” questo è l’urlo della mamma di Stefano. Ignorato, in primis, dalla gente comune.