Dopo essersi aggiudicato il terzo posto al Mondiale di Cucina, tenutosi in Lussemburgo lo scorso novembre, siamo riusciti ad ottenere un’intervista da parte di Sabatino Nunziata, creatore del quadro di cioccolato raffigurante il borgo di Marechiaro a Posillipo. Lo chef, nato a San Gennaro Vesuviano, attualmente svolge la carriera d’insegnante di cucina, lontano dalla sua città natale. Ci ha permesso, attraverso alcune domande, di conoscere la sua storia e noi, non potevamo che pubblicarla in modo che, tutti potessero prendere come punto di riferimento la sua carriera e il suo talento.
È doveroso, prima di iniziare, porgerti i nostri complimenti per la vittoria e per la tenacia dimostrata nel creare questo capolavoro. Sono passate alcune settimane dalla vittoria. Raccontaci, com’è stato vivere questa esperienza? Ti aspettavi la vittoria?
Innanzitutto ringrazio voi per l’intervista e per i complimenti. Ritornando al mondiale é stata una bella esperienza. Sono andato li con l’intenzione di apprendere nuove tecniche di lavorazione, esposte da chef provenienti da tutto il mondo. Sinceramente non mi aspettavo di ricevere una medaglia, essendo alla mia prima gara al mondiale e la terza in carriera. Sono andato in Lussemburgo, non sapendo i giudici cosa cercassero nei lavori esposti, quindi sono contentissimo. Anche perché, la giuria era formata da 55 giudici di caratura internazionale e vedere un giapponese o un tedesco valorizzare un tuo lavoro, è qualcosa che farebbe piacere a chiunque.
A che età hai capito che l’arte della cucina sarebbe stato il tuo futuro?
Ho iniziato a capire che la cucina sarebbe stato il mio futuro già all’età di 10 anni, quando mio padre ( anche lui chef ed insegnante di cucina ) mi portava a lavoro con lui ed io, mi divertivo a dargli una mano. Poi, la passione si è consolidata con le prime esperienze lavorative in hotel regionali e poi nazionali. Mi mancano esperienze all’estero, poiché all’età di 19 anni ho iniziato ad insegnare in diversi istituti alberghieri prima in Toscana e poi in Lombardia ma, mai dire mai!
Cosa ti senti di consigliare a quei ragazzi napoletani che, partendo dal tuo esempio, aspirano a realizzare i propri sogni?
Essendo docente di cucina, sono solito dare consigli ai giovani. Ai ragazzi di Napoli, voglio dire: noi viviamo in una società dove esistono ancora i vecchi valori, dove spesso la vita è dedicata alla famiglia e agli affetti. Quindi, consiglio di metterci il massimo della volontà e di valorizzare il proprio territorio, creando qui delle aziende che possano aiutare a cambiare e a migliorare il suo futuro. Io non sono riuscito a rimanere in quelle zone, nonostante abbia avuto dei buoni maestri che, ancora oggi, non cambierei con nessuno. Purtroppo son dovuto andare altrove, per realizzarmi e trasmettere ciò che mi è stato insegnato.
Sappiamo che sei cresciuto a San Gennaro Vesuviano, un piccolo comune alle pendici del Vesuvio, come e quanto, questa realtà, ha influito sulla tua carriera?
Questa è una delle domande a cui amo rispondere. Quando sento “San Gennaro Vesuviano”, mi ritornano in mente tanti ricordi, soprattutto dell’infanzia. Nel mio paese ci sono molte tradizioni, tra cui la “Fiera Vesuviana” che, riguarda l’industria e l’artigianato. Essendo fondamentali l’agricoltura e il bestiame, negli ultimi dieci anni, si sta valorizzando molto il settore enogastronomico, con un salone apposito, dove si alternano nelle preparazioni chef professionisti delle varie associazioni regionali. San Gennaro Vesuviano mi ha dato tanto, sia dal punto di vista umano che, dal punto di vista professionale. Ho ricevuto tanto soprattutto dai miei nonni che, attraverso i loro racconti, mi hanno fatto comprendere la genuinità dei prodotti che coltivavano e che, venivano venduti non solo nel vesuviano ma, anche a Napoli.
Per il tuo lavoro, sei stato costretto a trasferirti a Pavia, ti manca Napoli?
Napoli mi è sempre mancata. Ho fatto fatica i primi anni a restare per più di due mesi lontano da casa perchè, mi mancavano le mie abitudini: lo stare fino a tardi sul muretto fuori casa a parlare con gli amici di sempre, oppure andare a Mergellina alle due di notte e, trovare il caos più totale come se fossero le 4 del pomeriggio. Devo dire che, anche qua ho trovato bravissime persone ed oggi, mi trovo a lavorare in aziende che sono diventate la mia famiglia e i miei amici. Grazie a loro mi sono ambientato ma, tornare a Napoli ha sempre il suo perché: tutti che ti invitano a pranzo e si offendono se non accetti, chi apre i “cartocci” di paste e ti obbliga a prenderli. Ma, non devono obbligarmi perché, non riesco a non prenderli! Stando lontano, mi mancano l’accoglienza e i profumi di una buona pizza, delle zeppole e dei panzerotti.
Nel salutarti ti rinnoviamo i complimenti e ti auguriamo nuove soddisfazioni ma, prima di lasciarti andare, ti chiediamo di esprimere un breve pensiero su quello che, per te, è Napoli.
Grazie ancora per i complimenti e spero di proseguire sulla buona strada in materia di concorsi. Oggi, Napoli è cambiata in meglio rispetto al passato e, guardando le classifiche di vivibilità, ha scavalcato altre grandi città italiane ma, queste cose non vengono mai ricordate dai Tg che, fanno crescere solo odio nei nostri confronti. Non nascondo che, ancora oggi, ci sono molte cose che non vanno: la microcriminalità è presente ma, ha le stesse percentuali delle altre città. Grandi colpe per me, sono da attribuire alla politica che, non investe soldi nelle strutture. Perché senza strutture, non possiamo creare talenti e quei pochi che riescono a migliorarsi con le poche possibilità che gli sono offerte, hanno una marcia in più.
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