Oltre undici licei sono stati occupati a Napoli nelle ultime settimane, (Vico, Cuoco, Livatino, De Nicola etc.) crescono i valori se ci si estende non solo alla città ma anche alle province e ampliando notevolmente la prospettiva all’Italia tutta. Negli ultimi tempi si è, infatti, notato un radicale riavvicinamento dei giovani riguardo argomenti di natura politica, sociale e culturale.
Gli studenti dei licei occupati infatti hanno semplicemente cercato di dar voce alla loro voce, sminuita e ignorata da professori e prèsidi che negano un contatto e un dialogo ai ragazzi riguardo questioni di collettivo interesse.
Nonostante i più pensino che l’occupazione non sia altro che un comportamento puerile, gli studenti hanno cercato, occupando lo spazio scolastico di costruire un discorso durante le assemblee autogestite principalmente riguardo temi di natura ambientale e di carattere politico. La reazione delle forze dell’ordine e degli stessi docenti alle proteste è stata univoca, sgomberi, fermi, tentativi d’arresto, identificazioni. Posizioni dure ed inflessibili, dialogo zero. Perché migliaia di studenti in tutta Italia stanno occupando di forza il luogo all’interno del quale dovrebbero sentirsi liberi di esprimere la loro opinione e di crescere non solo didatticamente ma anche a livello identitario?
Non è difficile motivare le loro azioni, infatti, ognuno di questi giovani studenti ha esplicitamente dichiarato la propria avversione nei confronti della riforma della Buona Scuola, in altre parole il piano che il Governo offre a tutti i cittadini come nuova proposta di riforma scolastica, che danneggia in primis l’apparato studentesco ma che non disdegna di recar danno anche al corpus docenti. Sul sito appositamente creato appunto www.labuonascuola.gov.it era possibile fino al 15 Novembre compilare un questionario di circa 30 domande che aveva come scopo quello di permettere a chiunque lo volesse di esprimere il proprio giudizio sulla riforma.
Insomma, positiva o negativa che fosse andava espressa la propria opinione, anche se a causa delle impostazioni delle domande era particolarmente difficile esprimere un totale dissenso, è ovvio infine pensare che i risultati della consultazione verranno valutati dall’alto a proprio piacimento rendendo nulla la validità e l’affidabilità di questo questionario. Quella che il premier Renzi intende come “Buona scuola” in realtà, non fa altro che rendere gli studenti degli automi già adatti al mondo del lavoro, formandoli quindi esattamente ed unicamente per uno scopo, andando ad eliminare definitivamente la possibilità di nobilitazione culturale e di affermazione di volontà personale. Scavando ancora più a fondo all’interno della riforma sulla scuola, è evidente il filo conduttore che lega questa a quella del lavoro. In uno dei punti della suddetta infatti, Renzi afferma di voler creare una “Scuola fondata sul lavoro.” Quel lavoro che egli stesso sta vessando giorno dopo giorno attraverso la riforma del Jobs act. Questa riforma comporta da 15 articoli che sconvolgono per molti il mondo del lavoro è passata alla camera il 25 novembre che dovrà adesso ritornare in senato per il via libero definitivo domani, il 3 dicembre e potrebbe già da gennaio entrare parzialmente in vigore. “Il Jobs act non è altro che ulteriore precarizzazione” sostengono in molti, una precarizzazione regolare ma non regolata. Più controllo coercitivo. Numerosi sono stati e in scala nazionale i dissensi che partono addirittura da alcune minoranze interne al partito democratico, passando per i sindacati e concludendosi appunto con i numerosi scioperi, cortei e manifestazioni attuati da giovani studenti già proiettati verso un preoccupante futuro lavorativo, universitari e precari d’ogni genere.
Per domani è previsto inoltre un presidio alle porte del Senato, come ultimo tentativo disperato di fermare l’approvazione del Jobs Act, nonostante in molti si siano già rassegnati alle nuove riforme imposte con vile grazia e celata forza.
La democrazia è bella perché siamo tutti liberi di gridare il nostro dissenso, peccato però non ci sia nessuno ad ascoltarci.