Fu la prima porta greco romana ad essere costruita, se ne ritrovano già dei cenni nell’anno 928, ma si da per certa la sua collocazione finale, nei pressi di via Foria, quando fu aperta per volere di Don Pedro di Toledo.
Dalla porta del tufo alla porta di San Gennaro, per l’ingresso alle catacombe del santo, per un chiaro accenno religioso e votivo. La porta della speranza e della rinascita per una città che si era piegata alla peste e che a causa della stessa aveva perso tanti suoi figli.
Ed è proprio per questa rinascita, che nel 1656 Matteo Preti, nobile pittore e cavaliere calabrese, che aveva già dipinto le altre sette porte dell’antica città, decise di dipingere un’edicola affrescata, che raffigurava Santa Rosalia, San Francesco Saverio ed appunto San Gennaro.
L’affresco, l’unico rimasto, è però nelle mani di una manutenzione ordinaria che non viene effettuata; un bene dell’umanità e della cultura abbandonato al degrado e all’inciviltà.
E’ stato più volte restaurato ma lo smog, l’umidità, le mura cadenti lo riportano ad uno stato di totale abbandono.
Nel 1659 fu aggiunta la statua di San Gaetano, su richiesta dei padri teatini e nel 1884, per ringraziare Il Signore dallo scampato pericolo del colera, fu costruita una nicchia ex voto, con il quadro della Vergine Maria.
La porta di San Gennaro, tra le diverse porte presenti nella città Partenopea, rispecchia ed abbraccia i drammi vissuti da questa terra e al tempo stesso la forza e la voglia di rialzarsi e ricominciare. La porta della speranza e della fede, necessita di essere preservata.
Tutelare ciò che ci appartiene, rispettare le nostre radici, renderebbe meno asfissiante questo continuo combattere contro il tempo.
Napoli ha un dono, madre affettuosa ed amorevole e allo stesso tempo matrigna crudele e senza cuore. Non è la città che rende grandi i suoi cittadini, quanto questi ultimi che fanno della correttezza e della lealtà uno stile di vita.