Napoli è la sua storia, la sua arte, la sua cultura. Napoli è anche i suoi personaggi, testimoni presenti di epoche differenti.
Uno di questi è Matilde Serao, ricordata troppo spesso, a livello nazionale, più per il premio Nobel mancato, che per la sua imponente ed importante figura culturale.
Figlia di un avvocato napoletano e di un nobile di origine greche, Matilde Serao è passata alla storia per essere stata la prima donna a fondare e dirigere un quotidiano, Il Mattino, che continua ancor oggi ad essere il principale quotidiano campano per diffusione sul territorio.
Il suo nome è indissolubilmente legato ad un nuovo modo di fare giornalismo, più professionale, più tecnologico e mirato alla diffusione su larga scala delle notizie. Il passaggio tra’800 e ‘900 segna indubbiamente un cambiamento radicale, un approccio più critico alla realtà, che non limita il ruolo del giornalista a quello di mero cronista, ma lo configura in maniera più complessa ed articolata, rendendolo a tutti gli effetti un nuovo prototipo di intellettuale.
Non è un caso che la Serao diventi in maniera progressiva una delle figure di intellettuali più apprezzate su scala nazionale, una donna coraggiosa e razionale, osservatrice attenta, con una grande capacità di analisi e valutazione. La sua, tuttavia, è una figura che ha incontrato non infrequentemente i pareri negativi della critica, specie nell’ambiente romano, per molti anni sua città di residenza e proprio ambiente professionale. La giornalista, amante della realtà e di ciò che la circondava, non si esentava dalla frequentazione di salotti bene, perché propri in questa tipologia di ambiente poteva trovare spunti interessanti a quella che è stata, per certi versi, la sua vera passione, quella della narrativa.
La Serao non si contraddistingueva né per la finezza dei modi, né per la classe del portamento; era una donna bonaria, con degli atteggiamenti all’epoca più consoni ad un uomo che ad una donna. Ma era la sua risata l’oggetto del discutere, o meglio, dello sparlare, negli ambienti della capitale che contavano. La scrittrice era ben conscia di tutte le voci e dicerie che circolavano sul proprio conto, ma nessuna di queste fu tanto fastidiosa da porle un freno. Le critiche, al contrario, la facevano prendere coscienza della propria personalità e della propria forza:
Quelle damine eleganti non sanno che io le conosco da cima a fondo e che le metterò nelle mie opere. Esse non hanno coscienza del mio valore e della mia potenza
questo è ciò che ebbe modo di dire, e di mettere davvero in pratica nei suoi celebri romanzi e novelle, che non riscossero il dovuto successo nella prima metà del Novecento (non si tratta di campanilismo, il redattore è tutt’altro che campano ndr).
La Matilde Serao madre e scrittrice, fiera oppositrice della guerra e del nazionalismo più estremista e totalitario, sarà oggetto della seconda parte di questo approfondimento, su Napolitan.it a partire da domenica prossima.