“Le donne che hanno cambiato il mondo, non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla, se non la loro intelligenza” (Rita Levi Montalcini). Ebbene, non la pensano così i mitologici leoni da tastiera che nei giorni scorsi hanno ritenuto irrinunciabile l’occasione del primo approdo di una donna italiana nello spazio per dare sfogo ad alcuni tra i più degradanti commenti sessisti che i social network abbiano mai visto.
Se alla sicurezza di avere uno schermo dietro cui nascondersi, unita alla convinzione di essere autorizzati a fare dell’ironia su tutto, aggiungiamo un mix di ignoranza delirante, otteniamo proprio le parole che sono state pronunciate da questi tipi umani su Samantha Cristoforetti: battute sull’esigenza di avere a bordo una donna che lavi e stiri, commenti poco carini sull’aspetto fisico e via dicendo.
Addirittura qualcuno è arrivato a chiedersi quale “speciale raccomandazione” Samantha abbia avuto, in quanto donna, per essere lì nello spazio, come se una donna non possa guadagnarsi una posizione di potere e fare carriera con metodi che non includono offrire il proprio corpo in cambio. Quello che preoccupa non è tanto la voce o l’opinione isolata di un gruppo di persone, ma quanto questa opinione sia effettivamente isolata o sia parte di un modo generale di figurare la donna purtroppo ancora molto radicato nella nostra cultura e nel nostro pensiero. Forse ci stiamo affacciando in un’epoca in cui la divisione in attività “tipicamente femminili” e “tipicamente maschili” non fa altro che agire da freno e mandare indietro la storia invece di proiettarla in avanti. Ancora troppi uomini si sentono minacciati da una donna che ricopre posizioni lavorative importanti o che semplicemente vuole usufruire del diritto di scegliere liberamente della propria vita, e troppo spesso sono proprio questi gli uomini per mano dei quali le donne vengono maltrattate e anche uccise, proprio tra le mura domestiche. Solo nel 2013 infatti, ben 128 donne hanno perso la vita in Italia per mano di un amante, di un ex o di un altro parente interno alla famiglia, e sarebbe sciocco non considerare in parte responsabile di questi delitti anche l’immaginario collettivo della donna che “sta al posto suo”, che viene alimentato non solo dagli uomini ma purtroppo anche dalle donne stesse quando accettano di scendere a compromessi riguardo i loro diritti e scelgono di rendersi oggetto della vita di qualcun altro piuttosto che protagoniste della propria.
L’Italia, ma il mondo intero, ha bisogno di più donne come Samantha. E magari chi lo sa, un giorno le bambine alla domanda “Che cosa vuoi fare da grande?” risponderanno, proprio come ora fanno i maschietti: “Voglio fare l’astronauta!”