Il fatto che Napoli, sia un posto accogliente, è noto a tutti.
Ma, non staremmo esagerando?
Il fatto che treni, pullman, le stesse strade siano occupate maggiormente da extracomunitari che da cittadini partenopei, ci fa riflettere.
La città è simbolo dell’antirazzismo.
I napoletani sono persone civili, subiscono loro stessi delle discriminazioni, e mai sognerebbero di mettere in atto comportamenti di questo genere nei confronti di altri.
Il problema però è che, trovandoci in una situazione di evidente crisi economica, l’integrazione diventa più difficile soprattutto perché, ciascun cittadino si sente derubato delle garanzie di cui un tempo godeva. Sente di essere l’ultima ruota del carro.
A Napoli, i Rom sono 3’600 e la popolazione straniera si aggira intorno alle 20’000/30’000 persone.
Questi sono i dati emersi nel convegno “Prima di tutto cittadini: la scuola, l’accoglienza, l’intercultura”, promosso dal Comune di Napoli, dall’ufficio scolastico della regione Campania e dall’Istat. Realizzato nel Forum delle culture, è stato spinto dalla volontà di rendere la scuola il luogo fondamentale per l’integrazione e l’accoglienza.
Secondo il sindaco Luigi De Magistris, in assenza della cultura dell’accoglienza e nella situazione di crisi in cui ci troviamo, rischiamo l’esplosione del conflitto sociale e una guerra tra poveri.
“È necessario avviare un lavoro serio attraverso la scuola e mettendo in campo politiche sociali senza ridurre il tema dell’ordine pubblico che è solo la punta dell’iceberg”.
Il primo cittadino, chiede aiuto al governo, affinché la città non sia lasciata da sola nel fronteggiare il problema.
“Bisogna realizzare vere e proprie politiche di integrazione, non dobbiamo costruire baraccopoli, ma abitazioni degne, perché la casa è un diritto fondamentale”.
Anche il sindaco poi sostiene che, Napoli sia avanti nell’accoglienza rispetto ad altre città: “I napoletani, sanno cogliere un’opportunità di ricchezza sociale ed anche economica, dalla presenza degli immigrati che devono avere diritti, ma anche doveri nei confronti della comunità che li accoglie”.