Napoli si appresta ad indossare il suo abito più maestoso e famigerato. Quello imbastito con i pregiati fili della tradizione ed impreziosito dagli onori delle nefaste glorie conquistate sul campo, nel corso delle fiere natalizie che da tempo immemore, alle pendici del Vesuvio, vivono di luci, arte ed emozioni.
Il Natale napoletano, quello al quale, un nome su tutti, un nome più di tutti, con immutata e longeva fedeltà, ha saputo e voluto concorrere in maniera determinante a conferire “l’eterna Gloria”: Ferrigno.
Un nome che funge da corona della tradizione dell’arte presepiale e pastorale targata San Gregorio Armeno e che attraverso Marco Ferrigno continua a proporsi e riproporsi mediante conservatrici e al contempo innovative vesti.
Un mondo pregno di colori ed espressioni che non merita di essere frettolosamente relegato nella riduttiva definizione di “pastori”, in quanto equivarrebbe a sminuire l’eccelsa beltà di piccole, ricercate e perfette opere d’arte.
Occhi di vetro, mani e piedi di legno, abiti in seta, minuziosamente rifiniti in ogni impercettibile dettaglio, volti talmente espressivi da assumere parvenze umane che conferiscono al presepe tradizionale la più sublime e perfetta espressione, ma soprattutto una miriade di autentici “lampi di genio” che imprimono un valore sopraffino a quel contesto, rendendolo unico ed irriproducibile nel suo genere: bicchieri, posate, piatti, dettagli tutt’altro che trascurabili che celano un mondo, tutto da visitare e scoprire, come, ad esempio: la rappresentazione della tombola napoletana, le piccole e perfette cartelle, i numeri; le “quantiere con le paste”, il classico vassoio all’interno del quale sono adagiati i dolci, fedelmente riprodotti a immagine e somiglianza di quelli che ogni domenica, con la medesima foga, si disegnano sulle nostre tavole. Scene di vita terrena, in sintesi, che si accostano a quelle divine, senza sfociare nel profano, bensì munite dell’acuta ed umile lungimiranza necessaria per convivervi armonicamente.
Marco Ferrigno è un predestinato, uno di quelli nati con il sangue contaminato e la strada segnata da quella molecola, ricca di dedizione e passione, inferta nel DNA.
“La mia famiglia si tramanda questa tradizione da almeno quattro generazioni, – spiega Marco Ferrigno – il mio bisnonno è stato il pioniere, seguito da mio nonno, poi da mio padre e adesso tocca a me. Quando tornavo da scuola, venivo nella bottega di mio padre, quando facevo i compiti, sbirciavo i suoi gesti mentre era all’opera, quindi ho imparato ben presto a “rubargli il mestiere”. Verso questo mestiere all’inizio ho nutrito ammirazione che poi si è tramutata in amore e infine in un insegnamento.”
In che modo è cambiata la tradizione presepiale e pastorale nel corso degli anni?
“Come ogni mestiere, anche questo è contraddistinto da alti e bassi, in riflesso con l’epoca che si vive. Negli anni ’70 si mettevano in vendita statue principalmente di terracotta, attualmente i clienti sono molto più esigenti, hanno imparato a sviluppare una vena molto più critica ed esigente. Tutto ciò si è tradotto in un’evoluzione lavorativa della produzione. I negozi attuali sono delle boutique, delle autentiche gallerie espositive che esibiscono prodotti più pregiati e di qualità più ricercata, come le figure del ‘700 rivestite di tessuti antichi. Negli ultimi tre anni, tuttavia, la crisi si sta ripercuotendo sul nostro lavoro, nella misura in cui il turismo imperversa in una fase di ribasso, ma questo handicap va imputato soprattutto al fatto che la nostra, purtroppo, è una città incapace di coltivare questa risorsa.”
A Ferrigno va attribuito anche il merito di essere stato il primo ad introdurre i pastori che ritraggono le celebrità. Com’è nata quest’idea?
“Il fautore fu mio padre che nel 1993 riprodusse un pastore che ritraeva Antonio Di Pietro, costava 20.000 lire e fu un successo enorme, dal punto di vista mediatico e non solo. Il negozio era blindato da file di centinaia di persone che restavano in attesa solo per poterlo guardare. Quindi, da quel primordiale successo è nato un nuovo mercato, non solo per il clamore mediatico che questa tipologia di pastori si rivelano in grado di sortire. Le statuette dei calciatori della S.S.C. Napoli – di cui siamo sponsor – vanno letteralmente a ruba, così come quelle che ritraevano il “Berlusconi degli anni d’oro” hanno riscosso un successo enorme, giusto per menzionare qualche esempio.”
Cosa concorre a rendere diverso il Natale napoletano da quello che si vive nel resto del mondo?
“In primis, una tradizione bicentenaria. Il presepe napoletano è passione, è una forma d’amore, ci sono persone che si preparano e lavorano tutto l’anno in vista di questo momento. E soprattutto è il popolo del Sud, con il suo calore umano, così unico e peculiare a creare un’atmosfera diversa e ad imprimere un valore diverso a tutto. Lo conferma ogni turista del Nord che viene in visita a Napoli durante questo periodo che mi rivela di rimanere ammaliato dalla nostra cordiale ospitalità. In questo ambito, in particolare, infatti, credo che la differenza la faccia la comunicazione: imparare a relazionarsi con il pubblico è il dono più prezioso che ti consegna questo mestiere.”
Qual è l’itinerario ideale che Marco Ferrigno consiglia ai turisti in visita a Napoli durante il periodo natalizio?
“Prima di tutto, consiglio una ricca ed energica colazione a base di cornetto e cappuccino, per poi visitare: Cappella San Severo, La Quadreria Pio Monte della Misericordia, la Cappella del Monte di Pietà, Santa Chiara, San Domenico Maggiore, la Farmacia Storica degli Incurabili e ovviamente la bottega di Ferrigno non può che essere una tappa obbligatoria! Infine, consiglio una pausa pranzo presso “la Trattoria da Nennella” nel cuore dei Quartieri Spagnoli e di concludere la giornata con una cena a base di pizza da Gino Sorbillo.”