Il cantautore avellinese Luca Pugliese ha organizzato una tournee nelle carceri italiane esclusivamente a sue spese. Il suo motivo primario è quello di difendere i diritti di detenuti e accendere i riflettori sul sovraffollamento delle carceri; tutto questo con la musica e l’esecuzione dei classici napoletani e cantautorali. Iniziò tutto nel gennaio 2013 nel carcere di Secondigliano, dopo questa esperienza, Pugliese continuò questo progetto fino a farlo diventare quasi una missione. Sostiene che spesso il problema del sovraffollamento viene snobbato, e i diritti dei detenuti calpestati; se poi si va a notare anche il numero spropositato di suicidi di guardie carcerarie, si capisce che il problema nelle carceri non si risolve con uno schiocco di dita. Dal 2000 ad oggi, più di cento poliziotti penitenziari si sono tolti la vita, l’ultimo caso è successo lo scorso sabato ad Ariano Irpino: l’uomo poco più che quarantenne si è ucciso infilandosi un sacchetto di plastica in testa. Il cadavere è stato ritrovato dai familiari in un fondo di sua proprietà tra il Tricolle e Grottaminarda. Questo dell’Assistente Capo Liberato, è l’ennesimo di una lista interminabile, addirittura il secondo all’interno del penitenziario di Ariano Irpino. Tutto ciò accade sotto lo sguardo impotente dei “sopravvissuti” che oltre al dolore della perdita di un amico-collega, sopportano uno stress quotidiano che si aggiunge ad una condizione psicologica di sconforto e alla non realizzazione di un lavoro privo di ogni stimolo. Altro dolore è causato dall’arroganza e l’incapacità di tanti Direttori che antepongono i metri quadrati delle celle ai problemi del personale.
Tutto ciò il Pugliese vuole combattere, a tal proposito ha dichiarato: «La dignità dell’uomo è un diritto universale che non ammette deroghe, e l’arte è un diritto di tutti. La musica è come aria dipinta, aria colorata. Portarla in luoghi dove tutto è troppo buio e troppo stretto mi ha reso vivo e mi ha fatto sentire utile al mondo. Sono più che mai convinto che se vogliamo migliorare il nostro paese dobbiamo cominciare dal basso, recuperando e riabilitando chi ha sbagliato, e che ciò non è solo doveroso, ma è anche possibile. L’effetto ristoratore e “liberatorio” che l’arte riesce ad avere in luoghi come il carcere, insegna che spesso basta poco per fare del bene a chi sta male. Io ho messo gratuitamente a disposizione una mia competenza, e se tutti dessero gratuitamente qualcosa per alleviare la sofferenza altrui, sicuramente il mondo starebbe più in armonia con se stesso».
Prossime tappe quindi il 12 al carcere di Regina Coeli a Roma, e il 18 al carcere di Secondigliano. Qui si vedrà un Pugliese “one man band” (chitarra, voce e percussioni a pedale) che presenterà i classici partenopei e cantautorali passando per il mondo latino, cileno e brasiliano.