Non si placa il desiderio di giustizia di Ilaria Cucchi.
Non può accettare che l’anima di Stefano continui ad ardere tra i dolori delle torture inferte da una sentenza ingiusta e surreale, al pari di quelle subite dal suo esile e provato corpo fino a spegnergli la vita.
Ilaria Cucchi stasera ha organizzato una fiaccolata in memoria di suo fratello Stefano, davanti alla sede del Consiglio superiore della magistratura in piazza Indipendenza a Roma.
Tante candele accese che consegnano un commovente messaggio di solidarietà a Stefano e che sembrano quasi volerli dire: “Non sei solo, siamo tutti con te”.
Bagliori di speranza che illuminano il desiderio di attribuire un senso a quella morte e una punizione a chi l’ha generata.
Condannare chi sapeva, chi ha visto le cruente atrocità alle quali era sottoposto Stefano e ha taciuto, a chi ha udito le sue urla e i suoi pianti di rassegnata disperazione e non ha voluto “sentire”, a chi materialmente si è accanito contro quel di per sé esile corpo infliggendogli riprovevoli torture per poi abbandonarlo al suo triste destino, lasciando soffocare i suoi respiri in quelle stesse efferate atrocità: questo significa fare giustizia.
«Troppo spesso nei tribunali si fanno i processi ai morti; mio fratello aveva un solo processo ed è stato massacrato. È il fallimento della procura di Roma, tutti hanno capito qual è la verità. Ora il lavoro dei pubblici ministeri è sotto gli occhi di tutti. I segnali che arrivano da tutte le parti, sia dai cittadini, sia dalle istituzioni ci scaldano il cuore. Stefano era solo in quei sei giorni, è stato abbandonato anche dopo la sua morte. La nostra famiglia è stata abbandonata e presa in giro in tutti questi cinque anni. Ora qualcosa sta cambiando e questo ci apre uno spiraglio di speranza».
Queste le dichiarazioni rilasciate alla stampa da Ilaria nel corso della fiaccolata.
Oltre mille persone hanno risposto all’appello della famiglia di Stefano e dell’Associazione Acad (Associazione contro abusi in divisa) e hanno riempito la piazza per ascoltare le testimonianze dei familiari delle vittime.
Oltre mille candele, alle quali vanno aggiunte quelle di chi, idealmente e virtualmente, quel barlume di solidarietà e speranza lo porta acceso nel cuore. In piazza sono state esposte delle gigantografie di Stefano Cucchi per ricordare il suo tragico calvario, a partire dal 15 ottobre 2009, giorno in cui uscì di casa, fino alla sentenza del 31 ottobre scorso, che ha assolto in Appello tutti gli imputati.
Su uno striscione i nomi delle persone morte mentre erano «nelle mani dello Stato» con, sotto, gli hashtag #bastamortidistato, #vialadivisa e #fermatelacarneficina. Ai quali sarebbe staro doveroso aggiungerne anche un altro: #qualcosastacambiando.