È una realtà con la quale ogni volta si fatica a confrontarsi quella che è stata nuovamente sbattuta in faccia agli abitanti dei comuni vesuviani, in virtù di una macabra ed avvilente scoperta: decine di fusti contenenti idrocarburi e altro materiale nocivo stanno venendo alla luce in una cava ai piedi del Vesuvio, in pieno Parco Nazionale, al di sotto di un campo coltivato a pomodorini.
Gli scavi nell’area iniziati ieri proseguiranno anche per tutta la giornata oggi.
Altri scavi erano stati effettuati nella stessa zona un mese fa e avevano portato alla luce cinquanta fusti con materiale nocivo, scorie di eternit e anche un fusto marcato “Montedison”.
La scoperta attuale è particolarmente inquietante perché i fusti, probabilmente sepolti da più di dieci anni, erano stati nascosti a meno di un metro di profondità, al di sotto di una coltivazione intensiva di pomodorini del tipo “piennolo”, una delle più note e rinomate specialità vesuviane.
L’operazione è stata ribattezzata dagli investigatori “sangue nero”, perché dai fusti ormai consumati, continua a fuoriuscire un liquido bituminoso e puzzolente di colore nero che è stato campionato dall’Arpac per le relative analisi.
L’inchiesta è partita in seguito a una segnalazione di padre Mario Ricci, un sacerdote di Ercolano, al quale un uomo avrebbe confidato in confessione di aver autorizzato la sepoltura dei fusti molti anni fa.
Gli investigatori del Corpo Forestale sono convinti che siamo di fronte a uno scempio ambientale paragonabile a quello della Terra dei fuochi e che nell’area ai piedi del Vesuvio, negli ultimi vent’anni siano stati sepolte scorie nocive in moltissimi punti.
Sono oltre 10 ettari di terreno contaminati e la gente del posto sostiene che vi sia sepolto veleno fino a 40 metri di profondità.
Tutt’intorno i pomodorini Dop.
Una delle zone più rinomate della Campania in termini di coltivazione agricola, non ha saputo sopravvivere al disastro ambientale che contamina anche altre vaste aree del territorio.
Anche le compagne del vesuviano covano nelle loro viscere veleno letale destinato a dissipare dolore e morte.
Un’altra triste consapevolezza che avvelena ancora e sempre l’anima e la dignità di questo popolo.