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Italiani all’estero. Gianluigi e Ilaria: questo non è il paese dei balocchi.

Redazione Napolitan di Redazione Napolitan
10 Febbraio, 2021
in News
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Italiani all’estero. Gianluigi e Ilaria: questo non è il paese dei balocchi.
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 Belli, innamorati e felici.

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Ilaria  e Gianluigi, giovani coniugi della provincia di Napoli, hanno da poco festeggiato un anno a  Londra. Sono partiti con la voglia di spaccare il mondo e con l’incoscienza giusta per fare un passo  simile. Oggi si sentono due adulti che hanno imparato a distinguere il sogno dalla realtà. Gianluigi  ama profondamente la città in cui vive, l’ha scelta e ne è felice. Ilaria è una voce fuori dal coro. Ci  regala un’analisi lucida e priva di sentimentalismi sterili, perché Londra ti acceca come il  paese dei  balocchi, ma nasconde un’anima da isola che non c’è.

 Chi eravate prima di partire?

 Ilaria: Due laureati disoccupati. Il clischè moderno per eccellenza. Sono partita con una  consapevolezza ed una speranza. Rispettivamente tornare a casa ogni due mesi per gli esami della  magistrale ed affezionarmi a questo paese. Nella seconda ho fallito. Sono innamorata dell’italia e  legata visceralmente a Napoli. Pensa alla mia laurea, prettamente culturale ed altrettanto inutile.

 Gianluigi: Con in tasca una laurea triennale in psicologia e molto amore, sono partito.  Sognavo di  studiare a Londra. Qui, molto più che in Italia, credono nella mia formazione ed in quello che ho  scelto di fare. Sono stato fortunato, ora frequento qui l’università.

 Chi siete adesso?

Ilaria: Dei disillusi. Con priorità completamente diverse da quelle di un anno fa. Questo posto può farti guadagnare bene, ma non è per la famiglia, non la mia, almeno per il momento. La gavetta è lunga, e se non hai chiari i tuoi obiettivi rischi di farti risucchiare e di giocarti la gioventù. Se vieni per avere il guadagno “necessario” alla vita notturna, tanto vale restare a Napoli.

Di cosa vi occupate?

Ilaria: Ho sempre fatto la nanny, la tata. E’ un lavoro diverso dalla babysitter  “all’ italiana”. Qui non esiste la concezione per cui se sei donna sai automaticamente prenderti cura di un bambino. Cercano referenze e titoli. Vogliono conoscere la tua fedina penale, le esperienze pregresse. Cercano persone preparate in “ child care”,una sorta di primo soccorso infantile. Altra, sostanziale, differenza è la paga: sommariamente in italia ti pagano 15 euro per cinque ore, qui 12£, circa 12 euro l’ora.

Gianluigi: Io preparo il caffè in una food company e sono sotto contratto. Mi pagano come se fossi un’impiegato statale italiano, ma intendo cambiare lavoro, presto sarò assunto in un hotel. Le strutture private ti permettono di far carriera più velocemente.

Di quali canali vi siete serviti per trovare lavoro?

Ilaria: Ho usato un sito che si chiama “Mamme a Londra” , serve per mettere in comunicazione mamme e nanny italiane. Se vuoi lavorare con gente inglese necessiti di un’ infinità di referenze, almeno tre anni di esperienza sul campo e devi iscriverti ad un’agenzia che ha i suoi costi. Il sito invece è gratis e ti aiuta ad iniziare.

Di cosa ha bisogno chi vuole lavorare in Inghilterra?

Gianluigi:  Per lavorare devi avere un conto corrente  inglese ed un codice che si chiama NIN che ti “registra” nel circuito lavorativo. Grazie a questo numero ti pagano i contributi e prelevano le tasse. Sono preparati all’immigrazione. Il governo, se hai una casa ma non hai un lavoro che paga adeguatamente, ti offre aiuto, ti paga una percentuale della casa e la scuola per i bambini.

A proposito di governo, cosa pensate della richiesta di indipendenza della Scozia?

Ilaria: La Regina ruba il petrolio Scozzese. Se non fosse per la Scozia, Londra sarebbe vuota. La Scozia voleva l’indipendenza, mantenendo la sterlina, ma la Regina ha detto che se volevano la sterlina dovevano lasciarle il petrolio. In sintesi l’indipendenza l’avranno tra 20000 anni quando la sterlina calerà. Queen never lose.

Mercato del lavoro. Che speranze ha un immigrato Italiano?

Ilaria: Non è difficile trovare lavoro. Oggi sanno che chi arriva qui ha bisogno di lavorare. Ma tutti ci dicono che siamo venuti nel decennio sbagliato, dieci anni fa potevi diventare qualcuno, ti consideravano “potenziale”. Trovavi il lavoro e la stabilità per la vita, oggi non è più cosi. Anche qui lavorano in nero. Te lo dicono proprio al colloquio “Vuoi fare la nanny? Si però senza contratto”, e se vuoi una casa decente, anche se minuscola, hai bisogno di due stipendi. Con uno ci vivi, con l’altro ci paghi la casa.

Considerate Londra un punto di arrivo o di partenza?

Ilaria: Di passaggio. Londra offre e da, ma dopo avere preso devi andar via. Non è stabile, anche qui è tutto precario. Una sosta in attesa di altro. Non è il luogo dove vorrei crescere i miei figli, almeno non come intendo io l’educazione. Qui sono competitivi da piccolissimi, usano solo l’emisfero sinistro. Formano guerrieri. Inoltre le case costano un occhio, 1000£ per una stanza da 50 metri quadri. E se fai un figlio come te la paghi la casa?

Insomma non stiamo parlando del paese dei balocchi, come da immaginario comune.

Ilaria: No, non se non se pensi ad un futuro costruttivo. Londra  è come l’isola che non c’è, una trappola per bambini sperduti che si credevano felici, ma alla fine è solo l’illusione della libertà. E vogliono tornare a casa, tutti.

Gli inglesi come ci accolgono?

Ilaria: Ci amano e ci odiano. Ci trattano da immigrati, ma sono anni luce avanti in questa questione rispetto agli italiani. Ci considerano esseri umani, ci pagano il minimo legale, certo, ma almeno non ci insultano. In fin dei conti, però, qui sei qualcuno solo se hai un 8 allo IELTS ed un lavoro d’ufficio, in caso contrario sei solo un’immigrato che prepara caffè. Con tutto il rispetto per mio marito che con i caffè ci paga l’affitto.

E gli italiani che vivono lì?

Gianluigi: Gli italiani che sono qui da tanto invece ci trattano malissimo, temono di vedersi soffiare il lavoro da sotto al naso da chi è più giovane e regge meglio la pressione.

Vi manca l’Italia?

Ilaria: Se dico a qualche inglese che mi manca l’italia, mi dicono che ho ragione. Quando vengono in vacanza da noi, precisiamo, solo con la sterlina puoi permetterti una vacanza in Italia, non vorrebbero andar più via. Amano il cibo, la temperatura, l’arte. Ma anche loro sono consapevoli che le cose belle dell’Italia si sono fermate al Rinascimento. Se invece dico ad un’ italiano che mi manca il mio paese mi  accusa di essere  romantica. Lo so anche io che siamo mal governati e che qui i servizi funzionano meglio: dalla Regina allo spazzino sono tutti consapevoli che stanno lavorando per uno Stato e non in un film di Fantozzi. Lo so e sono oggettiva, qui si sta meglio perché sono più civili. Londra è Londra perché è una metropoli, in italia una città così non esiste. Ma la poesia è un’altra cosa.

Ilaria, hai detto che non cresceresti qui i tuoi figli. Raccontaci qualcosa di questo sistema di valori che non condividi.

Pensa, qui quasi tutte le famiglie hanno una nanny, le mamme vedono i bambini pochissimo e non se ne fanno un problema. Creano piccole macchine da competizione che a stento sanno giocare. A Natale mangiano nei pub, si ubriacano tutti dalle cinque del pomeriggio. Hanno ancora il potere di sconcertarmi.

Uno stereotipo che volete smentire.

Gianluigi: Vivere a Londra non è come andarci in vacanza, sia ben chiaro. Noi italiani, oggi poveri in civiltà, siamo affascinati da questo modo di vivere. Dai trasporti che funziono egregiamente, alle strade pulite, dagli eventi che ti offre. Ma al secondo sguardo è molto differente. Il concetto inglese di amicizia e di pulizia, per esempio, è piuttosto labile. Necessario ma non indispensabile.

Quando qualcuno vi dice che è pronto a fare la vostra stessa scelta, da cosa lo mettete  in guardia?

Ilaria: E’ importante capire perché ci si vuol venire. Se vuoi cambiare vita, ci siamo. Se vuoi studiare anche, ma se si pensa di poter cambiare il proprio “status” ci si sbaglia di grosso. Il gioco non vale la candela. Nonostante tutto, se mio marito non studiasse qui, tornerei a casa. Una cosa che mi preme dire a chi intende venire qui è: attenzione alle truffe. Di Italiani disonesti ce ne sono un po’, e altrettante sono le agenzie che si appoggiano a questi e ti spillano soldi promettendo un lavoro che non arriverà mai.

Alla luce di quello che sapete oggi, ripartireste?

Ilaria : In italia ti senti bloccato, hai voglia di avventura e di rivalsa, una spinta assurda che ti travolge. E allora si, partiresti altre mille volte. In fondo l’italia un po’ ci sta stretta, manchiamo ancora in tante cose. Ma qui manca l’umanità partenopea, la sensazione di sentirti a casa. Se allora mi avessero detto “non troverai quello che cerchi” forse non sarei partita.

Gianluigi : Io ripartirei, senza dubbio. Per me l’Italia è il male. Amo questa città.

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