Forcella è uno degli scorci di Napoli dai quali è possibile intravederne le più nude fattezze. Ed è proprio quella drastica semplicità il fulcro dal quale nascono le emozioni più marcate, nonché in profonda ed inconciliabile antitesi: fascino e paura.
Il fascino è quello che inebria il Centro Storico e Forcella vive l’opportunità di essere situata nel punto più topico e nevralgico della città: Forcella è il cuore di Napoli, dal quale si diramano le arterie “Quartiere Pendino” e “Quartiere San Lorenzo”. Via Duomo, Spaccanapoli, Corso Umberto I: questo è ciò che Forcella tocca quando tende le mani.
La paura è quella che sgorga in uno dei limbi che concorre a conferirle proprio quel nome.
Già, quel nome che, più o meno inconsapevolmente, sottolinea anche l’“opportunità” contenuta in quelle lingue di rovente asfalto, bassi e panni stesi al sole, ma soprattutto nel suo tratto somatico maggiormente distintivo: il bivio ad Y che ricorda le fattezze di una “forcella” nella quale è disciolta la mera consapevolezza che è la vita a metterci davanti a un bivio, ma la strada da percorrere la scegliamo noi.
Un bivio che ricorda che “quella Forcella” è stata teatro di episodi ed intrecci topici della storia della Camorra.
Forcella era la patria del clan Giuliano.
Forcella è stata e troppe volte le capita di essere ancora teatro di spari; siringhe sporche di sangue, morte ed eroina; giubbotti di pelle nera sotto i quali si rifugiano pistole, nelle cui canne è già segnato il destino di un uomo per mano di quei “volti senza volto”, gli unici ad andare in moto con il casco integrale; cadaveri coperti da lenzuola bianche costrette a sporcarsi di rosso, intorno ai quali rapidamente germoglia la paura, quella che tappa la bocca e benda gli occhi.
Un bivio che ricorda che esiste anche “l’altra Forcella”: quella che ha preso forma ed anima mediante la lotta contro la Camorra coraggiosamente attuata dal prete Don Luigi Merola della vicina Chiesa di San Giorgio Maggiore. Una lotta intrapresa senza afferrare mitra né pistole, ma armandosi esclusivamente di ammirevole coraggio ed instancabile diplomazia, dando dimostrazione alla delinquenza locale, alla cittadinanza e soprattutto ai giovani che si deve combattere per radicare il germoglio di una vita e di un mondo diversi e migliori, anche in un terreno arido e contaminato da “erba marcia e cattiva”, come quello che contraddistingue quel fazzoletto di Napoli imbevuto di lacrime, dolore, emozioni e storia.
Perché Forcella è anche altro: è lo scenario del primo episodio di Ieri, oggi, domani di Vittorio De Sica, in cui Adelina (Sophia Loren) per evitare la prigione per spaccio di sigarette di contrabbando continua a farsi mettere incinta dal marito (Marcello Mastroianni). Il film si ispirò ad un fatto realmente accaduto che fu oggetto di un’interrogazione parlamentare.
A Forcella sono anche situati due pietre miliari della storia di Napoli: il Teatro e la pizzeria Trianon. Proprio di fronte al teatro si trova anche l’antichissimo Cippo a Forcella: pietre, un tempo, facenti parte della porta muraria di Neapolis, da cui l’espressione napoletana “Sta’ cosa s’arricorda o’ Cipp’ a Furcella” che si accosta a qualcosa di alquanto antiquato.
Forcella è un trancio di desolante e speranzosa realtà che rivela con estrema e precisa chiarezza come e quanto limiti e difetti di questa città sappiano incastrarsi in talune delle sue gemme più preziose.
E quel senso di impotente e sommessa impossibilità di difendere, di difendersi che deriva da questa scoperta, fa male come una pugnalata al cuore, perché è una pugnalata al cuore.