Marco De Micco, più conosciuto come “Bodo” è giovane ed emergente capoclan di Ponticelli che gode tra i suoi di un’ammirazione sconfinata, tant’è vero che quel soprannome, in segno di “rispetto e fedeltà” se lo fanno perfino tatuare sulla pelle.
Attualmente De Micco è detenuto in regime di arresti domiciliari in Lombardia: sta scontando una condanna in primo grado a due anni e otto mesi di reclusione per tentata estorsione aggravata dalla matrice camorristica.
La sua è un’organizzazione in piena ascesa sulla quale sono puntati gli occhi degli inquirenti.
I De Micco hanno cominciato a mettersi in luce qualche anno fa, con il declino della dinastia del clan Sarno, grazie alla «sponsorizzazione» dei Cuccaro, da sempre egemoni nel vicino quartiere di Barra.
Per ricostruire le gesta del “clan di Bodo”, si sono rivelate fondamentali le dichiarazioni di Domenico Esposito, un ex affiliato che decise di collaborare con la giustizia e si consegnò alla polizia facendo scoprire subito l’arsenale del clan, unitamente alle dichiarazioni di due imprenditori nel settore del gioco d’azzardo che, dopo essere stati vittime delle richieste estorsive del clan Cuccaro, decisero di denunciare. Fu questo l’input decisivo a ricostruire la parabola criminale dei De Micco, da articolazione locale dei Cuccaro a gruppo autonomo. Una scalata sulla scia delle partite di droga, acquistate da fornitori napoletani e rivendute ai pusher tra Ponticelli – loro quartier generale – e l’hinterland vesuviano. Il clan riforniva gli spacciatori inizialmente di erba e li pagava a percentuale se acquistavano lo stupefacente già confezionato in pezzi ( a 3 euro a pezzo), oppure a settimana (oltre la droga venduta a 7,50 euro al grammo) a chi comprava a grammi o a pacchi.
Questo è quanto emerse dalla testimonianza del pentito Esposito che agli inquirenti ha consegnato un manoscritto con l’elenco di quaranta piazze di spaccio nel quartiere a est di Napoli e le indicazioni su chi acquistava droga – qualunque tipo di stupefacente – dai De Micco e la rivendeva nelle piazze di Ponticelli. Gli investigatori hanno svolto approfondimenti, raccolto elementi, nomi e documenti come i pizzini e la contabilità degli affari illeciti.
Per conto dei Cuccaro, i camorristi emergenti di Ponticelli controllano le attività illecite nel quartiere, soprattutto estorsioni e droga. I due traffici più redditizi e sui quali tuttora verte il contenzioso tra le famiglie immischiate nella “guerra” per il controllo del territorio.
Gli interessi criminali del clan armato di cui Bodo è a capo hanno generato, infatti, contrasti con altri clan, determinando gravi fatti di sangue nell’entroterra napoletano.
Il racket, per il momento, non riguarda i commercianti, ma appunto gli spacciatori e i ladri di auto.
Non è la trama della prossima fiction di stampo camorristico ambientata all’ombra del Vesuvio, ma quanto narra la vita reale in una delle periferie più calde del capoluogo campano. Ed è quanto confermato dai «pizzini», ritrovati nel covo del clan De Micco di Napoli qualche mese fa. Vi erano segnate le armi e il materiale del «perfetto affiliato», oltre alla contabilità per le spese sostenute in favore degli esponenti del clan in carcere
I segnali inequivocabili che la guerra di camorra stava per ricominciare si erano avuti proprio agli inizi del luglio dello scorso anno.
La notte del 7, per la precisione, alcuni spari erano stati fatti esplodere contro l’abitazione di Giuseppe D’Amico, esponente dell’altro clan principalmente coinvolto nella guerra per il controllo del territorio. Quella notte un commando di sei killer, partiti dai Quartieri spagnoli, si reca, a bordo di tre moto potenti, a Ponticelli, a casa di D’Amico, considerato un emergente del gruppo camorristico. Il bersaglio, forse, si avvede dell’imminente agguato e scappa; i killer non vogliono tornare indietro a “mani vuote”; quindi trasformano la spedizione di morte in atto intimidatorio di cui deve restare il segno: esplodono una pioggia di fuoco contro la finestra dell’abitazione in cui ci sono la moglie e la figlioletta di otto mesi del bersaglio sfuggito e che per miracolo non vengono colpite. Poi si allontanano, come in una scena da film western, con le pistole in bella mostra, con le canne rivolte verso il cielo, a voler dimostrare il controllo totale del territorio. Due dei killer, però, vengono intercettati da una coraggiosa pattuglia di carabinieri in borghese.
Per gli inquirenti quello fu il primo e chiaro segno che stava riprendendo la faida tra i D’Amico-Marfella-Ercolani e i De Micco (questi ultimi sostenuti dalla famiglia Cuccaro del quartiere di Barra). Prima degli spari alla casa del capoclan un episodio simile si era verificato nella vicina Cercola: obiettivo l’appartamento in cui vive un uomo della cosca rivale.
L’ultimo agguato mortale nel quartiere si era registrato a gennaio, furono uccisi due giovani, entrambi con precedenti penali ed erano stati freddati da killer in sella ad una moto.
Quest’oggi sono stati arrestati dai carabinieri della compagnia di Torre del Greco (Napoli) tre persone ritenute appartenenti al clan camorristico dei D’Amico, operante nel quartiere di Ponticelli e nell’immediato hinterland a sud di Napoli. Due gli atti di intimidazione dei quali sono accusati: il primo ai danni del gestore di un esercizio commerciale per favorire gli affari di un’altra attività e il secondo contro il proprietario di un’abitazione nell’ambito della ‘lotta’ tra il clan “D’Amico” e i rivali “De Micco”.
L’ennesimo episodio di una fiction che si recita senza copione e della quale tutti possiamo diventare “inconsapevoli protagonisti.”