Gonzalo si dispera e si danna, Gonzalo è come un leone in gabbia, perché abbandonare il rettangolo verde senza aver onorato il campo, negando a sé stesso e ai tifosi la gioia dell’esultanza è un boccone troppo amaro da digerire.
La sua sincera voglia di gonfiare la rete, la sua fame di gol erano tangibili e diventavo sempre più palpabili, di partita in partita.
Quelli come Gonzalo sono calciatori fatti di una pasta troppo dura da scuocere e scalfire. Gonzalo lotta, ci crede, si carica di grinta e determinazione, come un guerriero vive e si dimena nella convinzione che continuando a tenere gli occhi fissi sull’obiettivo, riuscirà ad agguantare il momento in cui lo farà suo.
Quel momento è giunto stasera.
Sull’orlo del pezzo di strada più tortuoso dell’era De Laurentiis, Gonzalo ha più che pienamente appagato l’impellente necessità di tornare a far gol.
Una tripletta che strattona ed allontana i fantasmi della crisi e che rilancia il Pipita, in realtà mai apparso in ombra.
Una tripletta che fa bene al morale e che smorza i toni delle polemiche, ma soprattutto rasserena gli animi dei supporter che liberano a gran voce tutta l’incontenibile voglia di sentirsi legittimati ad acclamare il Pipita Higuaín.
Gli occhi di Gonzalo, al termine del match, sprizzano la felicità di un bambino, mentre culla quel pallone tra le braccia, come se fosse il più appetibile dei trofei ed, in effetti, lo è.
Lo è per Napoli che ritorna a respirare quelle emozioni che solo il suo Napoli sa cospargere nell’aria.
Lo è per quel bambino di nome Gonzalo che vive nel corpo di Higuaín e nella sua maglia numero 9 e che, in sere come questa, rispolvera dal cassetto iridescenti sogni e li vede tramutarsi in gioiose realtà.
Lo è per il calcio che al cospetto di storie semplici, genuine e condite di piccole, eppur infinite emozioni, riscopre e ritrova la sua più veritiera ed appagante essenza.