I napoletani la pizza la sanno fare, anche dall’altra parte dell’oceano. Lo testimonia il premio vinto da “Ribalta”, pizzeria di New York gestita da due napoletani doc, Rosario Procino e lo chef Pasquale Cozzolino, come miglior pizzeria della Grande Mela.
Alla sfida, organizzata dal magazine “Time Out” nell’ambito della tre giorni del “NYC Wine and Food Festival”, hanno partecipato 30 selezionatissime pizzerie.
“Ribalta” si trova a pochi passi da Union Square, al 48 est 12th Street di New York, ha 3 forni a legna (uno in mattoni, uno a convezione in acciaio inox per cuocere di più la crosta ed uno rettangolare, per la pizza in pala, che rende la crosta croccante ma l’interno morbido) ed è una delle pochissime a vantare a New York la certificazione di “vera pizza napoletana”. L’offerta comprende 25 pizze insieme a qualche piatto della tradizione partenopea: zucchine alla scapece, melanzane a funghetto, ziti alla genovese e paccheri al baccalà.
Per Procino e Cozzolino la pizza napoletana va oltre il semplice metodo da seguire nella creazione. Per loro mangiare una pizza deve diventare un’esperienza culinaria che rifletta la cultura vivace, ricca ed unica di Napoli.
Ma qual è il segreto della pizza di “Ribalta”? A svelarlo è lo chef Cozzolino: «La particolarità della nostra pizza è la tecnica con la quale la prepariamo. Il nostro impasto lievita per più di 3 giorni, quindi è un impasto digeribilissimo, ed utilizziamo unicamente materie prime di altissima qualità». Gli fa eco Procino: «Da napoletani quali siamo, abbiamo la pizza nel sangue. Siamo nati e cresciuti con la pizza e mettiamo le nostre conoscenze e la nostra passione nel lavoro che svolgiamo quotidianamente. Per noi è un orgoglio ed una soddisfazione che il nostro impegno venga riconosciuto da quello che è il giudice ultimo, cioè i consumatori. Alla fine – prosegue Procino – se riesci a fare tanto in un mercato così competitivo come quello di New York, che è la capitale del mondo, vuol dire che si è seminato bene».
E se pensate che i due vogliano fermarsi qui, vi sbagliate. «Il nostro intento è quello di portare il nostro know how in giro per il mondo. Per il momento ci concentriamo sugli Stati Uniti, ma nulla ci vieta di pensare in un futuro a qualche mercato estero, uno su tutti quello asiatico. Lo scopo è, poco per volta, “napoletanizzare” l’America». E a chi gli chiede cosa ne pensano della possibilità di “americanizzare” Napoli, rispondono così: «“Americanizzare” Napoli significherebbe imparare ad organizzare il lavoro, a lavorare in team, ed a creare una sinergia con i propri concorrenti piuttosto che considerarli dei nemici. Dunque, questo consentirebbe a Napoli di battere cassa in tutto il mondo, perché le potenzialità le ha, deve solo imparare a sfruttarle in maniera razionale».