I social network, ormai, sono il mezzo di comunicazione più diffuso ed immediato per far sì che un messaggio venga recapitato in maniera, più o meno diretta, ad uno o più destinatari.
Basta pubblicare un post o un tweet su una delle innumerevoli piattaforme virtuali più che popolate da migliaia di utenti per rendere visibile e palpabile un pensiero, una riflessione, una minaccia e perfino una sfida.
In tal senso, l’esasperata estremizzazione di questo concetto trova più che degna e piena espressione nel raid avvenuto ieri sera a Pianura.
Numerosi colpi d’arma da fuoco automatica sono stati sparati contro l’abitazione di un uomo di 30 anni, Fabio Orefice, ferito a colpi di pistola in un agguato scattato nello stesso quartiere lo scorso 16 ottobre. Orefice, dopo il ferimento, aveva lanciato, proprio tramite Facebook, messaggi di sfida contro i suoi carnefici ed aveva anche postato le foto delle sue ferite e di armi.
Tanto è bastato per innescare il raid da parte dei suoi “nemici”.
Una losca battaglia combattuta a suon di post e proiettili che tanto racconta anche dell’evoluzione/involuzione alla quale finanche la criminalità è andata incontro con l’impetuoso avvento dei social.