Me lo dice Marco, 25 anni, con una laurea triennale in Lettere ed una magistrale in Filologia Moderna, che se potesse potesse tornare indietro, l’università sarebbe l’ultima delle sue scelte.
Chi l’avrebbe mai detto – mi dice – che il sogno di una vita, quello di insegnare, non avrei mai potuto realizzarlo? Posso fare la scuola di specializzazione, certo, ma poi? Non voglio essere precario a vita, vorrei realizzarmi nella vita, se possibile.
La storia è quella di tanti giovani che studiano perché si dice ‘studia, che poi troverai lavoro’. Le prospettive, per chi continua a ‘mandar giù’ pagine fino ai 25-26 anni, dovrebbero essere più rosee. Dovrebbero.
Me lo dice Marco, che per sei anni ha lavorato in una pizzeria di quartiere, per pagarsi gli studi. E lo ha fatto volentieri. Ha sacrificato i venerdì, i sabato, le domeniche sera per racimolare i soldi per pagare le rette e saldare le tasse, ma lo faceva volentieri, perché sperava che il sacrificio, un giorno, comportasse un minimo di successo.
Del resto, che si può fare, ad oggi, dopo essersi laureati? Uno stage formativo, suona bene, se fosse retribuito degnamente. La legge impone che una persona laureata debba essere pagata per lo meno 400 euro per uno stage di 8 ore giornaliere, 200 per uno di 4. Bene che lo stage sia formativo, ma il volontariato lo si fa in altre circostanze, non nel mondo del lavoro.
Me lo dice Marco, ma me lo può dire chiunque si trovi nella sua stessa situazione, che per accedere ad uno stage formativo che possa avere un minimo di prospettiva (ad oggi, un contratto di apprendistato), è necessario essere neolaureati (ovvero entro i dodici mesi dal giorno della proclamazione), conoscere per lo meno due lingue ad un livello professionale, e soprattutto avere esperienza nel settore.
Me lo dice Marco, che se durante il periodo universitario avesse potuto lavorare nell’editoria, nelle risorse umane, o in un qualche settore affine con il mondo umanistico, l’avrebbe fatto più volentieri che lavorare sottopagato in una pizzeria.
Ma per lavorare nelle risorse umane o nell’editoria, è esplicitamente richiesta una laurea, o in alcuni casi un master. E il neolaureato, come fa ad avere esperienza, se la si pone in questi termini?
Qualcuno può spiegare a Marco, e a migliaia di altri giovani, questa piccola contraddizione? Vorrei darla io questo tipo di risposta, ma essendo io stesso un Marco come tanti altri, resto in attesa di un illuminazione.