Su Napoli oggi erutta una delle storie più tragiche ed agghiaccianti proposte dalla cronaca contemporanea.
La vita di un 14enne appesa ad un labile filo per effetto dell’importante emorragia conseguenziale alle plurime perforazioni all’intestino sortite da un turpe atto di bullismo praticato da tre ragazzi di 24 anni che – secondo le labili dichiarazioni rilasciate dalla vittima circa dinamica e ricostruzione dei fatti – avrebbero prima iniziato a prenderlo in giro per il suo “essere in carne” e poi, uno dei tre, lo avrebbe seviziato con un compressore per pneumatici.
“Si tratta di un gioco, non di un tentato omicidio”.
Replica la famiglia del ragazzo sul cui capo pende proprio la suddetta accusa, in una videointervista rilasciata a “Il Mattino”.
Pur non sminuendo la gravità del fatto, i parenti del giovane ci tengono a precisare che non si è trattato di un abuso sessuale: “Hanno fatto una enorme stupidaggine ed è giusto che tutti quelli che vi hanno preso parte paghino, ma che paghino il giusto. Non è un tentato omicidio né altro, sono tutti bravi ragazzi che si prendevano in giro tra loro. Non hanno capito che il compressore, con quella potenza, avrebbe fatto danni. Per loro era un gioco“.
Un gioco sfociato in tragedia.
Un gioco che può costare la vita a un ragazzo di 14 anni.
Così si legittima un atto di ordinaria ed agghiacciante follia che delinea i tratti paurosamente marcati del malessere psichico che verte nelle nuove generazioni predisponendole, in maniera troppo facile e repentina, alla violenza.
“Gli abusi sessuali sono altri.”
“Gli omicidi sono altri.”
Questo è quanto urla con veemenza la famiglia del ragazzo autore di questa “bravata”.
Eppure, il buonsenso imporrebbe di dedurre che cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia: un minore è stato seviziato e ridotto in fin di vita.
“Non si rendeva conto di quello che faceva, non credeva di procurare danni così gravi”.
Alla base di tutto, quello che contraddistingue il “durante e il dopo” di questa incresciosa vicenda vi è il vero tumore che ha generato ed ulteriormente avvelena questo dramma: l’ignoranza. Unitamente alla diseducazione.
Perché, a questa famiglia, se fossi stata io l’autrice della videointervista, avrei posto un unico quesito: che razza di giochi avete insegnato ai vostri figli?